29 agosto 2018 - 11:34

La caccia agli spazi dei centri culturali islamici

Saleh, via Cenisio: «Noi danneggiati, ma il progetto del Qatar si farà». Grana Pgt per i leghisti a Treviglio. E a Curno il trasloco è fermo (per ora)

di Maddalena Berbenni

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Mohamed Saleh ha fatto carriera nel settore delle verniciature industriali, ma in Egitto si è laureato in archeologia. Il capo del centro culturale islamico di via Cenisio, forse il principale per dimensioni in Bergamasca, le ha vissute tutte le ere archeologiche di questi ultimi, travagliati, trent’anni di convivenza fra culti. Dalle prime preghiere nella dismessa caserma Li Gobbi alla presunta truffa sull’operazione Qatar.

Ecco, quella è la futura fase che non vuole perdersi: «Siamo fiduciosi che il processo possa risolversi in modo positivo e il progetto ripartire», premette. Era pronto un immobile in via San Fermo, «ora abbiamo qualche altra idea nel cassetto. Il sogno è dare vita a un oratorio islamico che faccia da punto di riferimento per le famiglie musulmane e da ponte con la città. Un luogo aperto a tutti. Dal Qatar hanno sempre manifestato l’intenzione di continuare a sostenerci. Sarà un percorso a ostacoli, che richiederà tempo, ma ormai è tracciato». L’incendio appiccato all’interno del centro, a luglio 2016, resta il momento più buio. «Ha gettato ombre sulla nostra credibilità, purtroppo». Con due turni «per evitare ingorghi», attorno a via Cenisio, nei venerdì di preghiera e il sabato sera, ruotano tra i 500 e 600 fedeli, che arrivano a 2 mila durante il Ramadan, da tre anni celebrato al centro Galassia. E dire che l’Egitto non aveva mai pensato di lasciarlo. «All’inizio frequentavo la moschea di Segrate — ricorda Saleh, 62 anni, in Italia dall’82 —. Poi, qualcuno mi chiese perché facevo tutta quella strada. C’era una sala comunale alla caserma Li Gobbi. Girava di tutto, erano tempi duri. Ci siamo impegnati per uscirne e a novembre del 1997 è nato il primo vero centro a Curno».

Esiste ancora, in via Manzù. Anzi, l’associazione Unione comunità islamiche è passata dall’affitto di un locale risicato all’immobile più capiente di proprietà. Quando traslocherà dal civico 2 all’11, però, non è chiaro. «A giugno — spiega il sindaco Luisa Gamba (lista civica di centrosinistra) — abbiamo approvato la convenzione che regolerà il trasferimento, contestuale alla chiusura degli spazi attuali». Il tutto in base alla legge regionale «anti moschee». «Non hanno ancora presentato i documenti per i permessi per la ristrutturazione», aggiunge Gamba, tra le cavie che l’anno scorso si sono sottoposte alle lezioni di arabo tenute dall’associazione per i cittadini.

Da Curno, nel corso degli anni, si sono staccati i gruppi che hanno dato vita ai centri di Bergamo e Treviglio. Nella Bassa anche l’associazione Al Badere sembrava intenzionata ad allargarsi in un’ex officina acquistata accanto alla sala in zona stazione Centrale. La paventata richiesta di cambio di destinazione d’uso, però, in Comune non è mai stata protocollata. «L’unica richiesta formale che abbiamo ricevuto — dichiara l’assessore all’Urbanistica Alessandro Nisoli — è quella di prevedere nel Piano di governo del territorio un’area destinata al culto islamico». Una gatta da pelare che la giunta leghista rinvia a data da destinarsi. «Il Pgt — precisa Nisoli — sarà varato non appena Provincia e Regione ci daranno gli strumenti per farlo, non credo prima del 2020». Spazio ne serve, visto l’imminente chiusura, con la demolizione delle torri, del centro a Zingonia. «Alternative non ne sono state trovate — dice il sindaco Enea Bagini (Pd) —. Fosse per me, prevedrei centri di dimensioni contenute in tutti i comuni». Dall’altro capo della provincia, il punto di riferimento da vent’anni è a Vertova. Settimana scorsa, alla Festa del Sacrificio, tra gli invitati c’erano il parroco e il sindaco Luigi Gualdi (lista civica): «Problemi non ne hanno mai creati — assicura —. È un’associazione che opera sul territorio come altre con famiglie che lavorano qui stabilmente e i loro figli che frequentano le nostre scuole».

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