16 giugno 2018 - 20:53

Pontida, festival antirazzista tra birra, musica e slogan degli immigrati: «Siamo noi la nuova Italia»

Un bar resta aperto, tutti gli altri del paese sono chiusi. Si fermano anche gli esami alle medie, in base all’ordinanza del sindaco della Lega

di Matteo Castellucci

Le forze dell’ordine sorvegliano il pratone della Lega Le forze dell’ordine sorvegliano il pratone della Lega
shadow

Le note arrivano, soffuse, fino all’altro pratone, quello della Lega. La scritta cubitale «padroni a casa nostra» è sorvegliata delle forze dell’ordine (in totale circa 200 agenti schierati). E seguendo la musica, a Pontida, si arriva al grande spiazzo di via Edmondo Polazzi, epicentro del secondo Festival dell’orgoglio migrante e antirazzista.

«Pontid’Amore» è una festa, gioiosa e distesa. Verso le 18 la folla che balla scalza o si riposa sull’erba conta mezzo migliaio di persone: saranno duemila in serata. La siepe del cimitero è una galleria di striscioni antagonisti e non, da Rifondazione a «Welcome refugees». Si avvicendano le band: le casse sparano pezzi ska, ma pure gli echi della trap in voga. In serata tocca a En?gma scaldare un palco su cui i Cornoltis hanno fatto gli onori di casa dopo classici della scena come gli Arpioni.

La platea è giovane, non si nega alle telecamere della tv per raccontare che esiste un altro volto: della Bergamasca, secondo chi arriva dalla provincia, o del Paese, per i forestieri. Il «bar 8», vicino alla manifestazione, non ha abbassato la saracinesca e i tavolini sono pieni. In realtà l’ordinanza del sindaco leghista Luigi Carozzi prevede per i locali pubblici il «solo» divieto di somministrazione. A eccezione della parrucchiera, il resto del centro storico ha chiuso (e alle scuole Medie sono stati fermati gli esami). Le viuzze sono deserte, anche per via del caldo che fa registrare 40 improbabili gradi sul monitor del Comune. «Siamo blindati — scherza una signora alla finestra —, ma non servirebbe». L’unico vessillo ideologico è della Juve. Fra le villette, un pensionato annaffia il giardino: la tranquillità di un sabato d’inizio estate. Intanto, sul campetto sintetico vicino al cimitero dove c’è il torneo di calcio a 7, si affrontano non troppo teneramente due squadre di immigrati: entrambi i capitani incitano in italiano pulito, perfette pure le contumelie, con assonanze lombarde. Ai vincitori una maglietta autografata da Mario Balotelli: il campione – si mormora – forse manderà un videomessaggio.

Il convitato di pietra, però, è il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, fin dal documento politico del festival che diceva «non esistono suoli sacri dove si possano coltivare discriminazione e odio», attaccando il «razzismo istituzionalizzato» e i «bercianti comizi di rancore». E Salvini viene mandato a quel paese (eufemismo) ripetutamente. «La nuova Italia siamo noi», si sgolano quelli di Bergamo immigrati, innescando il coro «Odio la Lega». Altri oratori, altri comizi, l’invito alla «nuova Resistenza». Uno striscione di CasaPound, tagliato a metà, diventa il bottino di guerra su cui dipingere graffiti. Nella platea, che risponde agli slogan più carichi, prevale la voglia di festa, fra gli stand (area bimbi e ristoro) e birrette a fiumi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
ALTRE NOTIZIE SU CORRIERE.IT