12 novembre 2018 - 10:00

Richieste d’asilo, sì solo al 23%
In centinaia spariti nel nulla

Lista d’attesa ridotta di due terzi nel giro di un anno e mezzo

di Fabio Paravisi

Richieste d’asilo, sì solo al 23% In centinaia spariti nel nulla
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Non sono solo profughe: sono anche schiave, prigioniere di violenze e terrorizzate da antiche superstizioni. E per loro sedersi davanti alla commissione migranti ha voluto dire anche sfuggire a violenza e sfruttamento. Ci sono anche le donne entrate nel programma anti-tratta, nelle pieghe dell’ultimo bilancio della commissione prefettizia per i richiedenti asilo.

L’emergenza profughi sembra lontana, il decreto Minniti ha interrotto gli arrivi, il numero dei migranti in provincia di Bergamo è sceso a meno di 1.500 e i tempi d’attesa della commissione che esamina i loro casi si sono ridotti, tanto che si potrebbe arrivare all’ultimo fascicolo entro la primavera. Anche se poi ci sarà il secondo round, quando arriveranno le sentenze sui ricorsi al tribunale di Brescia, dove però le cause di oggi vengono fissate a gennaio 2020.

La commissione ha cominciato a lavorare nell’aprile 2016, da allora ha preso una decisione su 2.564 casi: ha concesso lo status di rifugiato politico a 137 persone (il 5,34% del totale) e l’ha rifiutato a 1.968 (76,75%). Ci sono stati poi 100 casi (3,90%) di protezione sussidiaria a chi potrebbe subire grave danno se tornasse in patria: per cinque anni può lavorare, accedere a sanità e Inps, avere ricongiungimento familiare e permesso di soggiorno. E 359 (14%) concessioni di protezione umanitaria: legata alle condizioni della persona, dà diritto per due anni a studio, lavoro, sanità e permesso di soggiorno, ma non concede l’espatrio e il ricongiungimento. E ora sarà cancellata dal decreto Sicurezza. Ma i fascicoli sono stati in totale 3.365, e comprendono anche 461 casi respinti perché la persona è irreperibile; 192 sospesi perché il migrante è sparito (in genere al Sud per lavori saltuari) salvo rifarsi vivo alla convocazione.

E poi ci sono 60 casi alla voce «da riconvocare» e 88 sotto quella «sospensioni». Che a volte indicano la necessità di chiarimenti ma nella maggior parte riguarda donne che al loro arrivo in Italia sono state instradate verso la prostituzione. Vengono a volte portate alla commissione da operatori sociali senza passare da un centro di accoglienza, convocate e sentite più volte. Spesso si tratta di convincerle ad accettare l’aiuto, perché soggiogate da riti religiosi ai quali temono di opporsi. Molte sono entrate nel «Meccanismo nazionale di Referral per le vittime di tratta», che prevede l’accoglienza in strutture protette, visite mediche e terapie. Altri 65 casi non sono mai arrivati in prefettura: 5 per cambi di commissione, 14 per rinunce, 45 per emigrazione. Un caso era «inammissibile»: la persona ha commesso reati con condanna sopra i 4 anni.

I lavori della commissione non sono stati semplici. All’inizio, aprile 2016, bisognava aspettare 545 giorni, saliti a tre anni nel febbraio 2017 con 1.944 fascicoli di arretrato. Anche i numeri delle decisioni sono cambiati: nell’aprile 2016 su 311 casi c’erano stati 221 rifiuti, 17 accoglimenti, 59 protezioni umanitarie e 14 sussidiarie. Quattro mesi dopo la percentuale di bocciature era stata dell’89,5%, contro il 61% nazionale: 195 no, 10 sì, 6 protezioni sussidiarie e 7 umanitarie. Nel febbraio 2017 i no erano scesi all’84,7%, tasso fra i più alti della Lombardia. Oggi la commissione si riunisce cinque volte la settimana esaminando dodici fascicoli al giorno e i fascicoli in attesa sono scesi a 683. In tutto questo resta il problema delle centinaia di persone sparite nel nulla, dopo la bocciatura o perché stanche di aspettare. Il 30% di loro è andato in Francia, Germania o Belgio. Gli altri sono sparsi fra Roma a fare gli ambulanti abusivi, Foggia per le aziende agricole, Campania e Calabria per la raccolta degli ortaggi. Una piccola percentuale è rimasta a Bergamo, e gira fra strutture di sostegno e piccola criminalità. «Questo è un sistema — riassume un operatore — che produce fantasmi, fantasmi poveri».

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