9 gennaio 2019 - 11:35

Morto in Siria, le lettere e i contatti celati

Asperti aveva scritto alla famiglia dopo la partenza, l’ultimo segnale in Iraq: «Lo riporteremo a Ponteranica»

di Maddalena Berbenni

Morto in Siria, le lettere e i contatti celati
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Il vuoto prima e il vuoto ora. La morte di Giovanni Francesco Asperti, in Siria, da combattente al fianco delle milizie territoriali curde, resta un mistero. Così come la decisione di dare una svolta senza ritorno alla sua vita. Aveva pianificato tutto in modo da lasciarsi il nulla alle spalle. Nessun indizio che potesse permettere alla famiglia di rintracciarlo, a parte le lettere fatte spedire per posta da Milano dopo avere già lasciato l’Italia. E nessuna traccia sui telefoni e i computer analizzati dalla Digos. Gli investigatori credono che il 53enne di Ponteranica, due figli di 13 e 14 anni, laurea in Economia e commercio e negli ultimi tempi un impiego per una società che gestisce e dismette pozzi petroliferi anche per l’Eni, avesse allacciato contatti sul web con chi lo ha accolto al fronte. Escludono invece che si sia appoggiato su qualche organizzazione o cellula presente sul territorio.

Prima di partire per quella che aveva spacciato come una trasferta di lavoro in Kuwait aveva fatto visita al fratello Stefano, professore ordinario alla Sapienza di Roma. «Stava bene, l’abbiamo visto contento — racconta ora —. Aveva già organizzato tutto, ma in quell’ultima settimana trascorsa insieme non lo aveva dato a vedere in alcun modo. Non c’è stato il minimo sentore».

Il 24 luglio si era imbarcato da Malpensa, «dieci giorni dopo — prosegue Stefano Asperti intercalando pause al racconto — abbiamo ricevuto alcune lettere in cui ci spiegava che se ne era andato con l’intenzione di troncare con la sua vita e di andare a combattere in Siria. Ci ha lasciato stupefatti soprattutto la scelta di dare una svolta così radicale alla sua vita. L’idea che mi sono fatto è che l’abbia maturata a livello personale e che dietro ci fosse un grande vuoto. Ha implicato certo una vicinanza alla causa curda, ma non una profonda adesione ideologica né tanto meno religiosa».

Così, a inizio agosto, la Questura e la Farnesina sono state allertate. Sono stati effettuati gli accertamenti e registrato l’ultimo contatto: «Il cellulare di Giovanni ha dato un segnale in Iraq, poi nient’altro e ora ci resta il rammarico di non avere potuto fare di più. Sappiamo che la salma è stata temporaneamente sepolta in Siria. Siamo in contatto con il consolato di Erbil per riportarla a Ponteranica». Era conosciuto, in paese, Asperti, ma più per le sue origini (il padre Piero era stato medico condotto e politico nel Pci, tra i fondatori del Manifesto). Lui era un tipo schivo, spesso lontano per lavoro, in passato nel Sud Italia, occasionalmente all’estero. Come ogni recluta, si era scelto un nome di battaglia, Hiwa Bosco. Sulle circostanze della morte « sappiamo solo che non è avvenuta combattendo», dice il fratello. Risale al 7 dicembre, in una zona di addestramento al confine tra Siria, Turchia e Iraq. L’Ypg, l’Unione protezione popolare, riferisce di un incidente, forse stradale, e questa al momento è l’ipotesi principale. Alla famiglia la notizia è arrivata giovedì attraverso alcuni esponenti curdi e poi confermata dal ministero degli Esteri.

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