15 gennaio 2019 - 09:07

Il ristorante in via XXIV Maggio aperto da un ex killer della Camorra

L’accusa: aveva investito nel locale Acqua Pazza i soldi dell’evasione fiscale di due società. Tre in cella

di Armando Di Landro

Il ristorante in via XXIV Maggio aperto da un ex killer della Camorra
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L’8 ottobre del 1995 un pregiudicato fu ucciso in via Nazionale, pieno centro di Napoli. Guerra di Camorra, era chiaro agli inquirenti. Due carabinieri fuori servizio, che avevano assistito all’agguato, fermarono subito i killer. Uno di loro era il giovane Maurizio Di Matteo, 26 anni, poi condannato per omicidio. Ha scontato la sua pena e anni dopo ha proseguito a quanto pare con altri affari: il suo nome è rispuntato a Bergamo.

Di Matteo è di nuovo in carcere da venerdì. È stato arrestato a Napoli, nonostante la residenza ufficiale a Verdello in via Don Bosco. Secondo l’accusa avrebbe supportato il complice Roberto Ianniello — già in cella, 49 anni, anche lui campano con alle spalle precedenti di stampo mafioso e un obbligo di soggiorno lontano da Napoli (residenza in via Broseta e casa ad Arcene) — con due obiettivi: distrarre soldi da due società amministrate di fatto da Ianniello stesso, con sede legale in pieno centro a Treviglio e operative a Verdello, e reinvestire il denaro di quelle aziende, derivato anche da un ampio giro di evasione fiscale, nel ristorante Acqua Pazza di via XXIV Maggio, a Bergamo: aperto alla fine del 2015 e chiuso a marzo dell’anno scorso.

L’accusa, per entrambi, è di autoriciclaggio. Non ci sono tracce, come spiega il gip Massimiliano Magliacani nell’ordinanza di custodia cautelare, di bonifici dalla società Acqua Pazz’ srl agli arredatori e a tutti gli altri fornitori del locale: «Le conversazioni intercettate dimostrano che i debiti sono stati pagati con denaro contante. La telefonata più rilevante, settembre 2016, si colloca pienamente nella ricostruzione accusatoria: Ianniello e Di Matteo dichiarano in modo chiaro di aver versato denaro contante, il primo per 70 mila euro, il secondo per 50 mila». Ne parlano apertamente: quelle sono le cifre che «come minimo», secondo gli inquirenti, sono state investite nel ristorante. Con un’intercettazione che fa pensare come Di Matteo dovesse avere solo un ruolo nell’avvio dell’Acqua Pazza: «I patti erano che io me ne stavo a Napoli e voi gestivate il locale».

«È lo stesso Ianniello — scrive il giudice — che descrive Di Matteo sostanzialmente come un camorrista». Lo fa parlando con Ciro Serrapiglia, di 46 anni, napoletano anche lui. Indagato a piede libero, è una delle persone che finge di essere un dipendente della Integra srl, una delle due società di Ianniello: incassa assegni come pagamenti del lavoro svolto, che in realtà secondo gli inquirenti non c’è mai stato. È un modo per far uscire soldi dalla Integra, fallita a dicembre. E lo stesso meccanismo era stato messo in atto per la Servizi Integrati, anche quella operativa in via Cavour a Verdello.

Distrazioni continue, secondo l’accusa, anche grazie alla sponda offerta dalle società di Maurizio Perretta, 47 anni, di Trezzano sul Naviglio (Milano): è la terza persona finita in carcere. Con più aziende a lui intestate avrebbe consentito alle srl amministrate di fatto da Ianniello, ma gestite tramite prestanome, di far sparire, con bonifici per prestazioni inesistenti, più di un milione e mezzo di euro. Ma c’è di più: anche sulle società sembra spuntare, nell’ordinanza di custodia cautelare, un collegamento con Napoli. La Servizi Integrati di Ianniello si sarebbe infatti accollata i debiti con il Fisco di più società con sede a Napoli, abbattendo poi quei passivi tramite dichiarazioni fittizie: ad esempio dichiarando nel 2014 un giro d’affari di 23 milioni e crediti Iva per 5 milioni. Ma le cifre reali, come annota la Guardia di Finanza, corrispondevano invece a 174 mila e 559 euro (fatturato) e 37 mila euro di crediti sull’Iva.

Complessivamente, tramite fatture per operazioni inesistenti emesse dalla New Group srl, la Servizi Integrati aveva accumulato complessivamente un credito sull’Iva di 10 milioni: è la cifra che corrisponde al sequestro per equivalente chiesto dal pm e approvato dal gip, che include anche le quote della società Acqua Pazz’ srl. Un giro vorticoso di evasione, applicato anche a Napoli da più aziende che sembrano collegate al mondo di Ianniello. Il tutto anche grazie all’uso di prestanomi: la Servizi Integrati e la Integra srl sono rappresentate legalmente da una coppia di Mozzo. Ma è Ianniello che comanda e che descrive così marito e moglie: «Questo è uno scemo che ho come amministratore sulle società, lui e la moglie, due scemi».

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