8 maggio 2019 - 08:58

Mazzette per le false residenze, promessa sospetta già 5 anni fa

Nel 2014 un geometra del Comune di Cene a una vigilessa: «De Vuono è disposto a pagarti». Fu condannato

di Armando Di Landro

Mazzette per le false residenze, promessa sospetta già 5 anni fa
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Le indagini che hanno portato lunedì a dieci arresti erano iniziate nel 2016 grazie al sospetto di un poliziotto dell’ufficio immigrazione, ma da quanto esisteva il giro che consentiva a immigrati irregolari, quasi esclusivamente cinesi, di ottenere il permesso di soggiorno grazie a certificati di residenza falsi? Una risposta dalla giustizia probabilmente non arriverà mai, difficile risalire negli anni, impossibile a volte, se si fanno due calcoli sulla prescrizione. Ma un episodio dubbio, con tanto di condanna, c’era già stato nel 2014. Anzi, esattamente cinque anni fa, l’8 maggio.

Una agente della polizia locale di Cene aveva raccontato al sostituto procuratore Giancarlo Mancusi che, proprio quel giorno, dopo l’ennesimo rifiuto di concedere la residenza a tre cinesi che durante i controlli nell’abitazione indicata lei non trovava mai, qualcuno le aveva spiegato che c’era la possibilità di incassare un po’ di soldi. Chi? Secondo le sue dichiarazioni (e poi anche secondo il capo d’imputazione) si trattava del geometra del Comune Daniel Zambaiti, oggi 50 anni, di Albino, un amico del proprietario di casa. Con un elemento particolare, contenuto in quelle accuse, che riletto oggi non può che incuriosire. Secondo la vigilessa, Zambaiti le aveva detto «De Vuono è disposto a pagarti per far finta di nulla».

Saverio De Vuono, 66 anni, calabrese, è tra i 10 arrestati di lunedì mattina, accusato di corruzione: ai domiciliari, segretario in più Comuni bergamaschi, operativo anche a Orio al Serio, risulta già imputato nella richiesta di rinvio a giudizio su Foppolo (per lui l’accusa di falso) e indagato per abuso d’ufficio nel caso del Monte Poieto ad Aviatico. Difficile pensare a un caso di omonimia, anche perché Zambaiti, con quelle poche parole riportate dalla agente, aveva descritto esattamente il meccanismo svelato dalle indagini della squadra mobile che hanno portato lunedì ai dieci arresti. Dopo le dichiarazioni della vigilessa il pm Mancusi e il nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza avevano avviato una serie di accertamenti su quel cognome, «De Vuono», ma non erano emersi elementi concreti, «nemmeno su una conoscenza diretta del mio assistito con quel soggetto citato», ha specificato ieri l’avvocato di Zambaiti, Laura Anna Marini.

La condanna c’è stata solo per lui, Daniel Zambaiti, con rito abbreviato per «istigazione alla corruzione», reato che si configura anche se poi la corruzione non c’è: 1 anno e 10 mesi in primo grado, sentenza del luglio 2017, con ricorso ancora pendente alla Corte d’Appello di Brescia. «Avevamo chiesto l’assoluzione e lo rifaremo — commenta l’avvocato — proprio perché non c’era nessuna conoscenza diretta con questo De Vuono. Anzi, quel cognome era stato pronunciato solo per sentito dire». Si sapeva in Val Seriana che il segretario di più Comuni (De Vuono vive a Leffe) avesse giri particolari? Un caso curioso, quello di Daniel Zambaiti e della vigilessa, cinque anni prima dell’inchiesta in cui oggi si contestano una ottantina di permessi ottenuti da immigrati cinesi grazie a funzionari e agenti di polizia locale corrotti. Domani gli interrogatori di garanzia per gli indagati finiti in carcere: Leandra Arnaldo Pavorè, 58 anni, brasiliana di casa a Bergamo, candidata nella lista di Forza Italia per Palazzo Frizzoni; il suo socio Xiaochao Dong, con cui la Pavorè gestiva le agenzie di pratiche per immigrati in Borgo Palazzo; Andrea Sciortino, 62 anni, agente della polizia locale di Bergamo, i collaboratori delle agenzie Gaojian Dong e Luana Calvi. Il giorno dopo saranno sentiti dal gip invece gli arrestati ai domiciliari, tra loro anche De Vuono e il comandante della polizia locale di Orio, Mattia Cirrone. Fino agli interrogatori nessuna dichiarazione nel merito delle accuse da parte degli avvocati.

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