22 maggio 2019 - 11:49

Lo Spirito del Pianeta, il festival indigeno apre con Van De Sfroos

A Chiuduno da venerdì 24 fino al 9 giugno. Tra gli ospiti anche Eugenio Bennato. Molte nuove delegazioni di popoli dal mondo. Spazio anche ai giovani dei #fridayforfuture

di Rosanna Scardi

Davide Van De Sfroos Davide Van De Sfroos
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Trenta gruppi indigeni da tutto il mondo con canti e danze tradizionali, 170 espositori, 250 mila visitatori attesi, i concerti di Davide Van De Sfroos e Eugenio Bennato. È ricco il programma dello Spirito del Pianeta, che si rinnova nel Polo fieristico di Chiuduno, da venerdì fino al 9 giugno, per la 19esima edizione (dalle 19 a mezzanotte, domenica dalle 12, sabato dalle 17, ingresso gratuito).

Ad aprire il festival, venerdì, alle 21.15, sarà Davide Van De Sfroos, il cantautore in dialetto laghée, o tremezzino, dopo due anni di assenza dalle scene, che aveva promosso una rassegna simile nel comasco. Gli organizzatori dello «Spirito», Ivano Carcano e la moglie masai Susan Simayiai Muteleu, che si avvalgono del contributo di 140 volontari, sono appena rientrati dal villaggio medievale di Duncarron, vicino a Edimburgo, costruito dai Saor Patrol — presenza fissa, in scaletta il 4 giugno — che ha ospitato lo stesso festival in misura ridotta. «Queste popolazioni ci insegnano le nostre origini e quello che noi abbiamo perso, la connessione con la natura — spiega Carcano —. La Madre Terra è un’entità, ma a riconoscerla come tale, oggi, è solo la costituzione dell’Ecuador, che sancisce anche il rispetto degli autoctoni». Molte le nuove presenze: i Yawalapiti che vivono nella riserva indigena dell’Alto Xingu, nel Mato Grosso, in Brasile, i Kalbeliya, comunità nomade, dal deserto del Thar, nel Rajasthan, fin dall’antichità incantatori di serpenti con il flauto, la coloratissima tribù di indiani Cree dal Canada. I più lontani sono, invece, gli abitanti delle Fiji, arcipelago di 322 isole dell’Oceania. In rappresentanza della Bretagna, si esibirà, sabato, nell’unica data in Italia, il gruppo folk Startijenn, energia in bretone, attivo fin da quando i suoi componenti avevano 13 anni. Difficile, spesso, portare in Italia gli indigeni che vivono lontani dalla civiltà. «Ai tufi, dalla Papua Nuova Guinea, l’anno scorso abbiamo dovuto fornire i vestiti — aggiunge Carcano —. Quest’anno non sappiamo ancora se riusciremo a ottenere i visti per gli shuar, che vivono nella Foresta Amazzonica, contadini considerati nullatenenti». Al festival si ritroveranno i volti familiari di Talbragar, aborigeno dell’Australia, che suonerà il suo didjeridoo, ricavato da un ramo di eucalipto e ha esportato lo scorso novembre lo «Spirito» a Dubbo, e dell’azteco messicano Jaotekalt Kuikapike, che significa «guerriero che compone canzoni», dal copricapo adornato di piume. Un focus sarà posto sulla causa dei mapuche, popolo amerindo, che da anni denuncia un’espropriazione selvaggia dei suoi territori, in Cile, per far pascolare le pecore che forniscono la lana a grandi gruppi imprenditoriali. Interverranno il 26 maggio, anticipati, alle 20.30, da Giorgio Fornoni, giornalista, che ha lavorato per Report.

Il festival, il 2 giugno, alle 17, darà voce agli studenti di tutta la provincia, sull’onda dei #FridayForFuture di Greta Thunberg, facendo fare domande ai politici che saranno invitati a rispondere. Altro ospite, il 30 maggio, alle 21.45, è Eugenio Bennato, fratello di Edoardo, fondatore della Nuova Compagnia di Canto Popolare, che si esibirà al ritmo della tarantella. I costumi lombardi saranno rispolverati grazie al palio dei sette sbandieratori, domenica, alle 15. Per l’arte indigena, sarà all’opera un khoisan dal Sudafrica: realizzerà una pittura su pietra che arricchirà il museo a cielo aperto del parco. Villaggio con percorso sensoriale nel palazzetto, seminari e conferenze con 140 associazioni italiane green, dieci ristoranti etnici e regionali. Area per camper (se ne stima l’arrivo di 300) e campeggio.

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