27 aprile 2019 - 15:48

Riccardo Montolivo: «Quelle frasi che Favini ci diceva di tenere nel portafogli»

Il campione del Milan ai funerali: Mino era una fonte inesauribile di insegnamenti. Tanti volti del passato e del presente dell’Atalanta

di Maddalena Berbenni

Riccardo Montolivo ai funerali di Mino Favini Riccardo Montolivo ai funerali di Mino Favini
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Tra i suoi ragazzi Mino Favini era famoso per alcune frasi che ripeteva sempre. «La cosa difficile nel calcio è giocare facile», per esempio. Tra una stretta di mano e l’altra, Riccardo Montolivo quasi si commuove a farsele tornare in mente: «Ci diceva: scrivetele e mettetele nel portafoglio — sorride, ora —. Mino è stato un maestro di vita e di calcio, una fonte inesauribile di insegnamenti».

Per l’addio al cacciatore di talenti, morto martedì a 83 anni, nella «sua» Meda c’è la storia dell’Atalanta. Ex dirigenti come Beppe Marotta, direttore generale dal 2000 al 2002, prima di Samp, Juve e Inter. Sfilano ex giocatori: da Marino Magrin a Gianpaolo Bellini fino ai rossoneri Montolivo, Mattia Caldara e Giacomo Bonaventura. Ex allenatori, anche. Stefano Colantuono s’intrattiene sul sagrato. C’è la storia e, dopo una serata come quella dell’altro ieri, non può che esserci il presente con il patron Antonio Percassi e il figlio Luca che prima di entrare in chiesa incrociano Marotta e commentano: «Non è andata male», eufemismo riferito alla qualificazione in Coppa, arrivata con un tempismo che sembra fatto apposta per rendere meno triste il saluto a Mino. Le lacrime si mischiano agli scambi su Gasperini e le sue magie. Si incrociano, passato e presente, nell’accento brianzolo di Giorgio Vitali, direttore sportivo ai tempi della prima parentesi Percassi, quella del passaggio di Caniggia alla Roma con la trattativa chiusa dopo un pranzo (e una pennichella) a casa di Giuseppe Ciarrapico: «Partimmo da 10 miliardi, Percassi riuscì a spuntarne 13 più Bernardini. Al ritorno, era felice come un bambino che vede per la prima volta una caramella».

Tra le immense arcate di Santa Maria Nascente siedono le delegazioni di Inter, Milan, Sampdoria, Genoa e Como. Per il Torino, il dg Antonio Comi. E poi 120 tra giocatori e staff tecnico delle giovanili dell’Atalanta. È alla Casa del giovane che si allenano e questo spiega la presenza di don Fausto Resmini sull’altare a leggere la parabola dei talenti nel vangelo secondo Matteo. Perfetta per Favini, che nel seguire la sua «vocazione educativa — è l’omelia — ha aiutato tanti ragazzi a riconoscere e mettere a frutto i loro talenti, insegnando loro l’importanza dei valori». Lo testimonia Bellini nel suo saluto a «un dirigente, un uomo, un maestro speciale». Per Bellini «correttezza, educazione, rispetto, umiltà, disciplina, determinazione» sono valori «attualissimi e devono essere le fondamenta del futuro». Una nipote ha chiuso la cerimonia descrivendo Favini come «un uomo che aveva fatto della gentilezza, quale movimento spontaneo dell’anima, una scelta di vita». Se ne è andato sulle spalle dei tifosi, fra cui il leader della Curva Nord Claudio Galimberti, e con accanto le sciarpe e le maglie delle sue squadre, l’Atalanta e il Como.

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