Bologna

Angelo Peveri, l'imprenditore-giustiziere che ha commosso Salvini. Ecco come andò

Nel 2011 l'episodio che lo ha portato alla condanna per tentato omicidio. Cinque giorni fa l'ingresso in carcere. E ieri la visita del ministro dell'Interno

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Non è un semplice caso di legittima difesa quello che ha per protagonista Angelo Peveri, l'imprenditore piacentino condannato in via definitiva a 4 anni e sei mesi per il tentato omicidio di un ladro, che ieri ha ricevuto in carcere la visita del ministro dell'Interno, Matteo Salvini. Anzi, a dare ascolto alle parole del pm Ornella Chicca, che nel 2001 coordinò le indagini e la cui tesi è stata condivisa anche dalla Cassazione, "la legittima difesa in questa vicenda non c'entra nulla". Eppure, Salvini continua a sostenere il contrario e conversando coi giornalisti all'uscita dal carcere di Piacenza ha addirittura ipotizzato un appello al presidente della Repubblica Mattarella affinché conceda a Peveri la grazia.
 
I fatti. L'episodio per cui l'imprenditore è stato condannato, assieme a un suo dipendente, avviene il 5 ottobre del 2011. Quella notte tre ladri di nazionalità romena vengono colti sul fatto, grazie a un allarme antifurto, mentre cercano di rubare il gasolio da un escavatore della ditta di Peveri, lungo il greto del fiume Tidone. L'imprenditore in passato aveva già subito numerosi furti e quella notte, in compagnia del suo dipendente Gheorghe Botezatu, romeno anch'egli, interviene e spara tre colpi di fucile a pompa contro i malviventi, ferendone uno al braccio e mettendoli in fuga. La storia potrebbe chiudersi lì, senonché uno dei tre, Jucan Dorel, poco più tardi torna nei pressi del cantiere per recuperare l'auto usata nel tentativo di furto. Botezatu se ne accorge, lo riconosce e lo immobilizza. A quel punto torna in campo Peveri che con Dorel a terra prima lo malmena e poi - accidentalmente, sostiene lui - esplode un altro colpo di fucile, colpendolo al petto. Nonostante la ferita gravissima, Dorel sopravvive. Per fortuna sua, ma anche di Peveri, che verrà processato per tentato omicidio, e non per un omicidio effettivamente commesso.

 
La vicenda giudiziaria. E' proprio questa "coda" l'oggetto della condanna. Perché, rivelano le perizie balistiche, il colpo è stato esploso a brevissima distanza (un metro e mezzo, due al massimo) "da una persona in piedi verso una persona supina". Non una reazione difensiva dunque, ma un gesto deliberato. Una vendetta per il tentativo di furto subito. E' questo che martedì scorso, otto anni dopo i fatti, ha portato Peveri e Botezatu a varcare le soglie del carcere. Condannati rispettivamente a 4 anni e 6 mesi il primo, e a 4 anni e 2 mesi il secondo. Quanto a Dorel, fu condannato a 10 mesi per il furto e oggi, nonostante le lesioni a un polmone provocate dal colpo, lavora come facchino.
 
Le polemiche. Il "caso Peveri" è subito diventato una sorta di manifesto a favore di una normativa più morbida sulla legittima difesa, provvedimento di cui la Lega si è fatta promotrice. E l'imprenditore, da imputato che era nelle aule di giustizia, si è trasformato nel dibattito pubblico in vittima di un sistema giudiziario che a destra viene giudicato troppo punitivo nei confronti di chi subisce un furto. Di qui l'intervento di Matteo Salvini, che cinque giorni fa ha fatto una telefonata "di pieno sostegno e vicinanza umana" all'imprenditore condannato, e ieri addirittura una visita in carcere. Condita da una promessa: "Cercheremo di fare di tutto perché stia in galera il meno possibile".