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Viaggio tra le fedi: dove pregano le comunità a Bologna

Copti e musulmani, sikh e ortodossi, il docufilm "I Nostri" li racconta, fra sale e capannoni trasformati in templi
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BOLOGNA - Le studentesse musulmane usano i bagni dove studiano all'università, nelle aule di via Ranzani, per l'abluzione prima della preghiera di mezzogiorno del venerdì al centro di cultura islamica kosovaro fuori porta San Donato. Una sala piccola, dove non c'è spazio per prepararsi. Le donne eritree ed etiopi avvolte in veli e abiti bianchi pregano alla domenica mattina davanti al muro e all'interno la chiesetta di Santa Maria Labarum Caeli in via dei Fusari, alle spalle di piazza Maggiore. Durante la cerimonia i bambini offrono profumi tra i suoni dei tamburi. I pentecostali nigeriani li incontri in una sala a Corticella: mani al cielo, in che modo Dio è presente qui? "Dio è spirito", traduce Paul dall'inglese. Viaggio nelle fedi degli “altri”, nei luoghi dove prega la Bologna delle minoranze religiose.

Comunità invisibili che un gruppo di giovani, in maggioranza universitari, guidati da don Fabrizio Mandreoli, docente di teologia, raccontano con un libro e il docufilm “I Nostri” distribuito dall'Istituto Luce. La regia è di Marco Santarelli, documentarista sociale che già ha raccontato in Dustur il carcere della Dozza. Questo percorso, durato un anno e dedicato a Pier Cesare Bori, il professore che ha insegnato l'incontro tra le fedi, è soprattutto il racconto di un'esperienza e svela ciò che la città non conosce e che talvolta teme. "All'inizio volevamo mappare la realtà religiosa bolognese, ma poi la cosa importante è diventata capire questi mondi dimostrando che non esiste solo la grammatica della paura e dell'insicurezza: è stato un viaggio che ci ha messo in contatto con un vero e proprio patrimonio immateriale", spiega don Fabrizio.

Le fedi a Bologna: un docufilm racconta le comunità religiose


Ma come si vive l'essere chiesa di minoranza? Abuna Johan è sacerdote copto egiziano, gioca a calcio con i suoi figli indossando la veste nera e sorride: "Siamo come il sale nel cibo". La sua comunità si ritrova a San Lazzaro. In un capannone nella zona industriale a Casalecchio si ritrovano i sikh coi loro turbanti arancioni e le vesti dai colori sgargianti delle donne: nel giorno della festa condividono il langar, la cucina comune. L'incontro con l'Islam, diviso nelle tante sale di preghiera, è anche nelle case dove Muna e Meryem spiegano il senso della ricompensa, "perché se la vita finisce qua non avrebbe senso". La comunità pentecostale filippina e i Battisti russofoni affittano sale all'albergo popolare in via del Pallone. "Viviamo seguendo la Bibbia". In via Venezian i metodisti offrono un'altra lettura: "Siamo cristiani nella libertà".

Gli ortodossi si vedono sfilare in processione in via del Pratello, la comunità rumena ha come riferimento l'ex oratorio di San Rocco. In San Basilio, all'inizio di Sant'Isaia, si ritrova la comunità russa, quella moldava guidata da padre Marcel è ospite nella parrocchia di San Giuseppe Cottolengo. Icone e candele, le donne coi loro fazzoletti bianchi, "perché la nostra immigrazione è al femminile, siamo baby sitter e badanti e la nostra vita è qua: siamo i nostri". Di qui il titolo del docufilm: un viaggio intorno al mondo delle religioni certo incompleto, in una città metropolitana che conta 60mila residenti stranieri di 149 nazionalità. Ma che restituisce inediti orizzonti. E che si conclude fuori Bologna, dalle suore di clausura agostiniane all'eremo di Pennabilli: "Abbiate sempre uno spirito laico quando incontrate le persone, permette di cogliere i diversi volti della verità", le parole di una suora libanese. E ancora, aggiunge una sorella: "In alcuni momenti conosci la fatica di credere e con questi devi fare i conti, la preghiera diventa qualcosa che urla, ma che ti fa solidale con l'umanità che non crede".
Immagine del gruppo che ha lavorato alla ricerca 

Ad ogni visita il gruppo s'interroga, la ricerca è andata avanti per mesi e raccolta in "Viaggio intorno al mondo". Wissal, musulmana, si fa sorprendere dalla spiritualità degli altri, Alice, 23 anni, studentessa di Scienze politiche, che si professa non credente, sente la grandezza delle religioni. "L'idea era quella di studiare una realtà della nostra città, poi abbiamo vissuto un ribaltamento, nelle celebrazioni a cui abbiamo partecipato senti comunque qualcosa che ti coinvolge", racconta Lorenzo, 20 anni, iscritto a Filosofia. Riccardo, 31 anni, fisioterapista, aggiunge: "Le cose viste da lontano fanno paura, quando ti avvicini rompi le distanze, diventi gli altri e loro un poco di quello che sei tu". "Magari non ti trovi d'accordo o sono esperienze di fede che non ti appartengono – la sintesi di Leonardo, 22 anni - ma cogli in ciascuna di esse il valore dell'essenziale".