Bologna

Carpi, bufera sul parroco che elogia Salvini: costretto a dimettersi dal giornale

Polemiche per un editoriale di don Caccia su “Notizie”, il settimanale della diocesi, che scrive: "Il popolo ha scelto uno fidato. Se Matteo non molla, può ancora salire”. Il sacerdote si è poi dimesso dalla direzione del periodico

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"Dopo essere stato tradito da tanti, il popolo ha scelto uno fidato. Se Matteo non molla, può ancora salire”. Firmato: Ercamo, pseudonimo utilizzato da Don Ermanno Caccia in calce ai suoi editoriali. Il direttore di “Notizie”, il settimanale della Diocesi di Carpi, ha infatti pubblicato sull’ultimo numero del periodico una breve riflessione sui risultati delle recenti Europee che, di fatto, è un elogio alle politiche di Salvini e al “popolarismo” della Lega. Una lettura “personalizzata” delle recenti elezioni che il parroco rivendica come il “sacro diritto di esprimere un’opinione”, ma che ha sollevato un vero vespaio.

A tal punto che questa mattina Caccia ha annunciato su Facebook di aver rassegnato le dimissioni. “C’è un dato sorprendente che emerge da queste ultime elezioni – scrive nel suo editoriale Ercamo – la percentuale di voti presi dalla Lega identica a quella presa dalla Dc nel 1987”. E l’accostamento non è affatto casuale: nel ragionamento del parroco, infatti, il 34,3% ottenuto domenica dal Carroccio “sta a dimostrare che la Lega rappresenta ormai l’orientamento dei cosiddetti moderato ed è nei fatti anche il partito di riferimento di buona parte del mondo cattolico”. Di più: le battaglie politiche e i valori rappresentati “sono in larga misura sovrapponibili, pur con accenti diversi, a quelli di un autentico popolarismo”.

Don Caccia prosegue ricordando “il cambio di passo che ha catapultato la Lega in testa alla serie A dei partiti” e che è “frutto dell’esperienza al governo”, ossia snocciolando lo stop “di barche e barchini”, il mancato processo “per ave resistito nel caso Diciotti”, l’aver portato a casa “un alleggerimento della Legge Fornero”, la flat tax per le partite Iva, la legittima difesa e il “giro di vite sulla sicurezza”. L’ormai ex direttore del settimanale è sicuro: “la gente comune, attraverso i social e le centinaia di comizi, ritiene che Salvini sia “uno di noi”. Parla semplice, schietto. E fa, o almeno ci prova, quello che dice”.

Apriti cielo. La stampa locale ha immediatamente ripreso l’articolo, chiedendosi se l’opinione di Caccia sia o meno condivisa anche dal vescovo della Diocesi, Francesco Cavina. E sono diverse le critiche piovute sull’articolo, pubblicato in piena campagna elettorale: a Carpi i cittadini dovranno scegliere tra il sindaco uscente – l’esponente del Pd Alberto Belelli, che al primo turno ha raggiunto il 48% - e la candidata della destra Federica Boccaletti (27,3%). Reazioni che Caccia etichetta come “un fuoco nemico fatto e realizzato a modo” di fronte a quella che è “una chiave di lettura personalizzata e non attribuibile al Vescovo”. E che spingono il parroco a rassegnare le dimissioni dal ruolo di Direttore del settimanale diocesano.

La polemica carpigiana esplode alla vigilia di un altro appuntamento rovente per i cattolici tradizionalisti della provincia emiliana. Domani a Modena si terrà infatti il Gay pride, e il comitato “San Geminiano vescovo” ha organizzato una “processione di pubblica riparazione” per “ottenere il perdono e la grazia per i gravi peccati inflitti contro il Sacro Cuore di Gesù e contro il Cuore Immacolato di Maria Santissima”. Un’iniziativa che nei giorni scorsi ha incassato la benedizione del ministro della Famiglia Lorenzo Fontana, e da cui il vescovo di Modena ha invece preso le distanze. “Per quanto mi è possibile – ha scritto ieri don Erio Castellucci – rifiuto gli atteggiamenti discriminatori verso coloro che non condividono l’antropologia cattolica e che, rimanendo entro la legalità, decidono di manifestare le proprie idee”. E ancora: “Nel sostanziale dissenso dai contenuti e dal metodo che anima il Gay pride, mi pare inopportuno creare tensioni e polemiche. È possibile e necessario un confronto costruttivo tra persone civili che hanno differenti visioni della vita”.

Il vescovo modenese non è certo un fan del Gay pride: “Non posso – ha chiarito nella sua nota - fare a men di esternare agli organizzatori del Modena Pride il mio disaccordo verso l’utilizzo del rosone del Duomo come “logo” della manifestazione. Si tratta di un simbolo caro ai modenesi, non solo cattolici, che sarebbe stato meglio evitare di inserire, perché finisce per costituire già di per sé una provocazione”. Ma la chiusa è conciliante in entrambe le direzioni: “Mi si permetta infine di augurare a me stesso e a tutti la maturazione di uno stile capace di guardare l’altro non come nemico […] anche quando sostiene e pratica idee diverse e contrastanti rispetto a quelle in cui credo. E la possibilità di manifestare le mie idee senza venire aggredito e insultato”