12 giugno 2018 - 13:12

Del Bono-bis controcorrente
Il Pd ai fasti delle Europee

Il centrosinistra ha sfiorato il 54 per cento dei consensi. Paola Vilardi ferma al 38 per cento. Sorride solo la Lega. Il Movimento 5 stelle in tre mesi perde un terzo dei voti

di Thomas Bendinelli

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Emilio Del Bono ha fatto il pieno, surclassando Paola Vilardi di 16 punti percentuali. Ha vinto al primo turno in modo netto. Prima di lui, da quando c’è questo sistema elettorale, ce l’aveva fatta solo Adriano Paroli nel 2008, ma allora l’esponente di Forza Italia era sull’onda di piena del centrodestra a livello nazionale e fu senz’altro avvantaggiato dal voto concomitante politico e amministrativo. Questa volta l’onda di destra c’è, abbondante, nel Paese, ma Del Bono e la sua coalizione l’hanno scavalcata agilmente. I numeri parlano da soli: Del Bono ha sfiorato il 54% dei consensi di chi ha votato, Paola Vilardi si è fermata al 38%.

Una differenza enorme, che premia i cinque anni di passata amministrazione. Nelle scorse settimane non pochi (nel centrodestra) avevano ironizzato sull’impronta civica data da Del Bono alla campagna elettorale. Ebbene, questa scelta è stata senz’altro premiata ma chi dice che il Pd era nascosto ha preso una cantonata. Il Pd, nell’esito del voto, è ben presente e raggiunge percentuali che solo alle europee 2014 erano state raggiunte e superate. La lista del partito democratico ha preso 26.864 voti ed è arrivata al 34,6% dei voti. Il pd da solo, in altre parole, ha contribuito per due terzi al risultato finale della coalizione. Poi sì, c’è anche il civismo, quello della Civica Del Bono innanzitutto (6,7%), seguito dalla lista Brescia per Passione della vice sindaco Laura Castelletti (5,6%, un po’meno del 2013). Sinistra a Brescia di Marco Fenaroli raccoglie voti ma si ferma al 3,2%, un punto e passa in meno rispetto al 2013 e in questo caso, più che un demerito dell’assessore, si intravede in modo nitido una crisi non ancora finita di quel che si muove a sinistra in generale (come confermano peraltro i risultati da zero virgola di Potere al Popolo e partito comunista). Nella coalizione a sostegno di Del Bono è da segnalare anche il risultato di Roberta Morelli: la sua lista prende il 2,2% e l’assessore uscente all’istruzione ottiene un risultato personale di oltre 500 preferenze, non sufficienti però a portarla in consiglio (e, quasi sicuramente, nemmeno a essere confermata come assessore). Andando nel campo avverso, il 38% di consensi di Paola Vilardi è soprattutto un voto della Lega che, a Brescia e non solo, si conferma come il pigliatutto della coalizione. In città la «Lega Salvini Lombardia» prende poco meno di 19 mila voti e si attesta poco sopra il 24%, ben lontana dal Pd ma comunque portatrice di due voti su tre alle coalizione (esattamente come il Pd nel centrosinistra). Forza Italia, nonostante la candidata sindaco fosse espressione del partito, continua la discesa negli inferi, giù fino al 7,6 per cento. Fratelli d’Italia arriva al 3,3%, cifra non certo esaltante ma comunque sufficiente a portare in Loggia un consigliere comunale (Acri non è un esponente storico di Fdi) nonostante la lacerazione con l’esponente locale di punta, Viviana Beccalossi. Il presunto terzo incomodo, il Cinque Stelle, a Brescia ha fatto l’ennesimo flop. Il 5,6% ottenuto da Guido Ghidini non è senza dubbio segno di forza. Il Cinque Stelle non solo non sfonda ma fa i passi del gambero, prendendo un terzo dei consensi di tre mesi fa alle politiche (un quarto se si considerano i voti assoluti) e addirittura meno anche delle elezioni del 2013. Il resto è non pervenuto.

A destra Laura Castagna (Forza Nuova Azione sociale) arriva allo 0,7%, Davide De Cesare di CasaPound (0,4%) e Leonardo Peli della lista Pro Bigio (0,3%) fanno peggio. Nell’ala sinistra le cose non vanno meglio: Alberto Marino di Potere al Popolo si arrampica con difficoltà fino allo 0,8%, Lamberto Lombardi del partito comunista si ferma allo 0,5%. Insieme, alle politiche, Potere al Popolo in città aveva preso l’1,34%. La divisione non ha portato a risultati più significativi. In queste ore in molti stanno già parlando di Brescia come di un possibile nuovo laboratorio del centrosinistra. Che poi, andando a vedere quello che ha vinto in città, non è così diverso dal caro vecchio Ulivo a trazione Pd allargato a qualche cespuglio ai bordi, al centro e a sinistra, con l’aggiunta in questo caso di una spruzzata di civismo municipale per rinforzare i rami. Va bene il laboratorio, sapendo però che il voto amministrativo fa sempre anche un po’storia a sé, soprattutto se c’è un sindaco che si ricandida e che, comunque la si voglia vedere, senz’altro non ha male amministrato. Oltre a questo c’è il dato dell’astensionismo. Il fatto che a Brescia sia andato a votare solo il 57,4% degli aventi diritto fa saltare non pochi ragionamenti. Sessantaduemila cittadini, più di quattro cittadini su dieci, sono rimasti a casa. E anche questo, comunque la si voglia vedere, non è bel segnale. Del Bono ha stravinto, ma a votarlo è stato il 30% degli aventi diritto.

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