28 luglio 2018 - 12:32

Il ritorno «a casa» di Bruna abbandonata nella Bassa

Venne cresciuta dalle suore dell’Orfanatrofio di Comezzano Ora, complice un libro, torna nei luoghi della sua infanzia

di Costanzo Gatta

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«Mi creda. È una storia di abbandono, lunga da raccontare». Bruna Bertoli, tecnica di radiologia in pensione, per telefono tentenna prima di spiegare perché voglia passare due giorni fra Brescia e Bergamo. Poi, come un fiume in piena, rovescia le ragioni che la fanno tornare ai luoghi dell’infanzia, quando venne abbandonata e fu salvata, quando era disperata e fu consolata, quando trovò una casa e tanto amore. Alea iacta est. Partendo di buon mattino con il marito dalla casa che hanno al lido di Venezia prevede d’arrivare a Comonte di Seriate per l’una e spostarsi domani a Comezzano. «Non saprei da dove iniziare», sussurra al telefono mentre, in sottofondo, il nipotino strilla.
Bruna Bertoli, nata nell’ottobre del 1950, è mamma e nonna. La sua storia sembra pensata dai Fratelli Grimm calati nella piana di Comezzano. Qui non c’è Gretel grandicella, lasciata con il fratellino nel bosco dal padre taglialegna. C’è Bruna che a solo due anni, viene lasciata in un campo di grano. E il padre non è il povero del racconto, ma un piastrellista che fa soldi a Milano e sperpera l’incasso di giornata.
Bruna Bertoli, di questo viaggio dopo mezzo secolo dal reato non ne fa mistero. «Mio padre, nato nel 1932 s’era sposato a 18 anni con Rachele, più vecchia di 4 anni. Era brava mia mamma. Se ne va di casa perché non ne può più. Per le leggi del tempo - siamo nel 1952 - la colpa è sua. Io mi trovo contesa fra le famiglie. Vince quella di mio padre che poi mi abbandona e non saprò mai il perché».
Il punto dell’abbandono è vicino all’orfanotrofio di Comezzano. Dal 1920 è retto dalle suore della Sacra Famiglia di Comonte, fondata dalla nobile Costanza Onorata Cerioli di Soncino, poi suora e santa dal 2004. E a quell’uscio bussa, nell’estate del ‘52 una contadina. Ha trovato, come un fiore fra i campi, la piccina. Ad aprire è la superiora. «Era suor Orsolina» - precisa Bruna che sa tutto di colei che le fu seconda madre - nata a Nembro nel 1895, cognome Bizzoni, professione perpetua nel 1924, superiora dal 1942, morta nel luglio 1977.
Assieme alla superiora era suor Palmina - ora ha 91 anni - che Bruna nel pomeriggio riabbraccerà a Comonte di Seriate. A completarla rimpatriata sarà presente anche Adriana Cancellerini di Marone, altra orfanella rimasta in collegio per 10 anni. «Ogni tanto suor Palmina mi faceva guardare verso una grata - ricorda donna Bruna - Dietro c’era mamma Rachele. Veniva di nascosto. Dalle due suore ho imparato a parlare, a leggere, fino ai 10 anni quando da Comezzano passo all’ orfanotrofio a Gallignano, frazione di Soncino che però chiude ai miei 17 anni. Mi riprendono i nonni paterni . Resisto solo due anni. Dico grazie ad un prete che mi accoglie agli Alberoni mi fa studiare a Padova dove imparo un lavoro e mi rifaccio la vita ».
Veniamo ad oggi.«Tempo fa cerco su Google che ne è di quel orfanatrofio. Trovo che a suor Orsolina è dedicato un libro di Andrea Meina». Per due volte sindaco di Comezzano, da storico ama raccogliere gustose briciole di storia locale. Bruna contatta la Gam di Rudiano, editrice del libro e ha una sorpresa «Nel diario di suor Orsolina c’è la mia storia. A parte piccole inesattezze, come il diminutivo del mio nome sbagliato, è tutto vero». E sintetizza il brano. «E la piccola Domì, quanto amore, una piccola di anni 2 che non sapeva far altro che piangere ... non sapeva parlare per niente, era stata abbandonata dalla mamma in un prato dove il fieno era pronto per il taglio ... Era coperta di formiche e in uno stato da far pietà. Imparò a parlare a 3 anni ».
Bruna precisa: «Mamma non mi abbandonò. Furono altri a deciderlo. E di loro non ho saputo più niente né lo avrei voluto fino a quando un’assistente sociale non mi ha telefonato per dirmi che mio padre era in una casa di riposo e se volevo provvedere io». Donna Bruna è una squisita signora. Può anche perdonare.
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