13 ottobre 2018 - 16:18

Papa Francesco: «Le sue parole?
Grande forza»

«Mi fa bene sentirle e risentirle»

di Marco Toresini

Papa Francesco: «Le sue parole? Grande forza»
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Il Papa che viene dall’altra parte del mondo e il Pontefice mite della terra bresciana. Domani in piazza San Pietro si chiuderà un percorso che Papa Francesco ha fortemente desiderato sin dall’elezione al soglio che fu anche di Paolo VI, perché il papa bresciano è una presenza costante nei suoi messaggi e nei suoi scritti, sia che parli ai pellegrini bresciani, sia che invii un saluto agli aderenti della Federazione universitaria cattolica (quella Fuci di cui Montini fu padre spirituale dal 1925 al 1933), faccia un discorso sulla missionarietà della Chiesa o parli all’assemblea plenaria del Pontificio consiglio per i Laici.

Un insegnamento ancora vivo

L’insegnamento di Paolo VI è vivo in Papa Francesco tanto da ringraziare i pellegrini bresciani nell'udienza concessa nella basilica di San Pietro del 22 giugno 2013 per «la possibilità di condividere il ricordo del Venerabile Servo di Dio Paolo VI». La beatificazione di Montini avvenne solo l’anno successivo, dopo un lungo periodo di stasi, e trovò in Francesco uno «sponsor» convinto e uno sprone, così come per l’ultimo passo, quello della canonizzazione. «Sarebbero tante le cose da dire per ricordare questo grande Pontefice — ha ribadito Francesco cinque anni fa ai bresciani —. Pensando a lui mi limiterò a tre aspetti fondamentali che ci ha testimoniato e insegnato, lasciando che siano le sue appassionate parole ad illustrarli: l’amore a Cristo, l’amore alla Chiesa e l’amore all’uomo». «Paolo VI - ha continuato in quell’occasione - ha saputo testimoniare, in anni difficili, la fede in Gesù Cristo. L’amore totale a Cristo emerge in tutta la vita di Montini, anche nella scelta del nome del Papa, da lui motivata con queste parole: è l’apostolo che in modo supremo amò Cristo che in sommo grado desiderò e si sforzò di portare il vangelo di Cristo a tutte le gente che per amore di Cristo offri la sua vita. Un profondo amore di Cristo non per possederlo, ma per annunciarlo. Ricordiamo le sue appassionate parole a Manila: “Cristo! Sì, io sento la necessità di annunciarlo, non posso tacerlo! Egli è il rivelatore di Dio invisibile, è il primogenito di ogni creatura, è il fondamento di ogni cosa; Egli è il maestro dell’umanità, il centro della storia e del mondo, il compagno e l’amico della nostra vita”».

«Una forza spirituale»

Parole che Papa Francesco confida ai bresciani che lo stanno ascoltando di sentire come proprie: «Sono state per me una forza spirituale, mi hanno fatto tanto bene nella vita. E io torno a questo discorso, torno e ritorno, perché mi fa bene sentire questa parola di Paolo VI oggi». Un «oggi» che Francesco pare affrontare con in testa un messaggio chiaro. Lo ha ricordato il 19 ottobre 2014, proprio nel giorno della beatificazione di Montini. «Mi ritornano in mente — ha ribadito nell’omelia — le parole con le quali istituiva il sinodo dei vescovi: “scrutando attentamente i segni dei tempi, cerchiamo di adattare le vie e i metodi... alle accresciute necessità dei nostri giorni e alle mutate condizioni della società». Soddisfare “le accresciute necessità dei nostri giorni” è la sfida che papa Francesco ha raccolto sin dall’inizio del suo pontificato chiedendo a tutti di uscire dalle chiese e andare nelle periferie tormentati da una domanda che fu, innanzitutto, una domanda di Paolo VI: «la Chiesa è veramente radicata nel cuore del mondo e tuttavia abbastanza libera e indipendente per interpretare il mondo? Rende testimonianza della propria solidarietà verso gli uomini e nello stesso tempo verso l’Assoluto di Dio? È più ardente nella contemplazione e nell’adorazione e in pari tempo più zelante nell’azione missionaria, caritativa, di liberazione?». «Sono interrogativi — ha ribadito Bergoglio nel 2013 — rivolti anche alla nostra Chiesa d’oggi, a tutti noi, siamo tutti responsabili delle risposte e dovremmo chiederci: siamo veramente Chiesa unita a Cristo per uscire e annunciarlo a tutti, anche e sopratutto a quelle che io chiamo le “periferie esistenziali”, o siamo chiusi in noi stessi, nei nostri gruppi, nelle nostre piccole chiesuole? O amiamo la Chiesa grande, la Chiesa madre, la Chiesa che ci invia in missione e ci fa uscire da noi stessi?». Di Montini, Francesco ha ricordato spesso anche il suo apostolato alla guida della diocesi di Milano quando fu uno strenuo sostenitore delle missioni «ad gentes» in cui parlava di «ricerca dell’essenziale» invitando tutti ad essere veri e genuini nell’entrare nelle case dei milanesi. Un tema diventato centrale nella sua Esortazione apostolica «Evangelii nuntiandi», magna carta dell’impegno missionario post-conciliare. «Solo così — ha ricordato Bergoglio il 7 febbraio 2015 alla plenaria del Pontificio consiglio per i laici — si può proporre nella sua forza, nella sua bellezza, nella sua semplicità, l’annuncio liberante dell’amore di Dio. Solo così si va con quell’atteggiamento di rispetto verso le persone; si offre l’essenziale del Vangelo».

La «luce»

Per Francesco Paolo VI è stato una luce. Un esempio di «grande Papa», «coraggioso cristiano» e «instancabile apostolo». Una persona alla quale «davanti a Dio oggi non possiamo che dire una parola tanto semplice quanto sincera ed importante: grazie! Grazie nostro caro e amato Papa Paolo VI. Grazie per la tua umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa».

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