22 settembre 2018 - 12:46

Terrorismo: vuole difendersi ma non può più tornare in Italia

Gafur Dibrani, 26 anni del Kosovo, prima arrestato e poi espulso

di Lilina Golia

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Ieri la richiesta di celebrare il processo con rito abbreviato. L’ha presentata l’avvocato Marco Capra per conto di Gafur Dibrani, chiamato a rispondere di apologia del terrorismo di matrice islamica. La decisione del giudice è attesa il 26 ottobre, quando prenderà anche il via il procedimento che quasi certamente non vedrà comparire in aula l’imputato, finito nella rete dei controlli antiterrorismo tesa dalla Digos di Brescia il 3 novembre del 2016. Dibrani, oggi 26enne, originario del Kosovo, abitava da tempo a Fiesse e a lui gli investigatori erano arrivati tenendo d’occhio siti e social, attraverso i quali inneggiava al daesh. «Prendi la mia mano ed andiamo al jihad», scriveva sul suo profilo Facebook, tra video e like a sostegno del califfato. Un’attività di proselitismo e radicalizzazione (nella quale, secondo gli inquirenti, aveva coinvolto anche il figlio di 3 anni) seguita dalla Digos fino all’arresto di Dibrani che in carcere rimase un paio di settimane, fino alla decisione del Riesame di rimetterlo in libertà.

Da qui una serie di colpi di scena e di ricorsi della Procura contro la scarcerazione in Cassazione, con decisioni avverse al Riesame. Nel frattempo, il 30 novembre, era arrivato il decreto di espulsione firmato dal Ministro dell’Interno che considerava Dibrani un soggetto pericoloso. Per lui, dunque, divieto di reingresso in Italia per 5 anni, elevabili fino a 10. Durante il susseguirsi delle fasi dell’iter giudiziario, il 24enne, che si è sempre dichiarato estraneo ad attività terroristiche e di proselitismo («non volevo fare pubblicità all’Isis»), aveva però espresso al suo legale l’intenzione di tornare a Brescia per partecipare alle udienze e chiarire la sua posizione. Ma non gli era possibile farlo di sua iniziativa, dal momento che sarebbe stato arrestato anche per un altro reato, ossia, l’ingresso illegale nel nostro Paese. E così l’avvocato Capra aveva presentato al Ministero a nome del suo assistito la richiesta di permesso speciale per rientrare in Italia e consegnarsi alle autorità. Richiesta rimasta lettera morta, così, come, al momento non si è concretizzata la richiesta di estradizione inoltrata alle autorità kosovare dalla Procura di Brescia, nel momento in cui la Cassazione ha stabilito che il 24enne doveva restare in carcere.
Ma Dibrani risulterebbe latitante. L’iter giudiziario si è così ulteriormente intricato e, considerate le lungaggini burocratiche, pare impossibile che a fine ottobre l’imputato possa essere in aula per difendersi.

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