5 gennaio 2019 - 12:32

«Paladino un ossequio al mercato.
Eccessiva la vostra preoccupazione»

«Trovo singolare che una città del Nord come Brescia abbia problemi con la Storia. Con i morti non si combatte. L’opera in sé non è particolarmente interessante e non ha valori politici, ma piazza Vittoria rappresenta uno stile architettonico fascista che viene riconosciuto: il ritorno del Bigio potrà creare polemiche nei primi dieci giorni, fine»

di Alessandra Troncana

«Paladino un ossequio al mercato. Eccessiva la  vostra preoccupazione»
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Vittorio Sgarbi e il suo ciuffo mistico, incluso il seguito di erinni incollato alla giacca sartoriale, ha visto la reliquia sacra alla Galleria dell’Incisione proprio qualche giorno fa: «Chiara Fasser (la gallerista, ndr) mi ha mostrato un modellino del Bigio: è più presente non vedendolo che vedendolo. Sono del parere che la preoccupazione di Brescia sul ritorno della statua di Dazzi sul piedistallo di piazza Vittoria sia eccessiva. Per conto di un sindaco del Pd, ho appena curato una mostra al Museo civico Cremona, Il regime dell’arte: una ricostruzione del concorso pittorico voluto da Roberto Farinacci nel 1939 con l’intento di sostenere l’idea dell’arte come celebrazione dei valori e delle imprese del fascismo che è stata recensita su ogni giornale, inclusi quelli progressisti». Ergo: «Trovo singolare che una città del Nord come Brescia abbia problemi con la Storia. Con i morti non si combatte. L’opera in sé non è particolarmente interessante e non ha valori politici, ma piazza Vittoria rappresenta uno stile architettonico fascista che viene riconosciuto: il ritorno del Bigio potrà creare polemiche nei primi dieci giorni, fine. Persino il mio amico Paolo Corsini, che pure è di sinistra, già nel 2007 si dichiarava disponibile ad aprire un dibattito sul ritorno della statua in piazza Vittoria. Ma mi viene in mente anche uno scritto di Leonardo Sciascia». Prego? «Con Invenzione di una prefettura. Le tempere di Duilio Cambellotti nel Palazzo del Governo di Ragusa, nel 1987, cioè 32 anni fa, sdoganava l’arte fascista. E, un anno prima, anche il mio amico Giorgio Lombardi, un grande architetto, aveva dimostrato sensibilità sulla necessità di superare le distanze del tempo». Per il critico, in sintesi, «il ritorno del Bigio in piazza Vittoria è necessario, e ogni polemica strumentale risulta inutile». Nel frattempo, però, la Stele di Mimmo Paladino resta inchiodata al piedistallo: «E non si capisce perché, se non per un ossequio al mercato dell’arte. Politicamente, è molto più rappresentativa della statua di Dazzi».

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