Un testimone dell'inchiesta milanese su una bomba esplosa esattamente un anno fa davanti alla porta di ingresso dell'abitazione di un operaio ecuadoriano, e che provocò ingenti danni ad una palazzina a Pioltello, nel Milanese, avrebbe subito delle minacce.
È emerso nella prima udienza, che si è tenuta nei giorni scorsi, del processo abbreviato a carico di otto imputati, tra cui Roberto Manno, figlio del presunto boss della 'ndrangheta Francesco Manno e arrestato nel novembre del 2017 per l'attentato dinamitardo compiuto, secondo le indagini dei carabinieri e del pm di Milano Paolo Storari, per un prestito a tassi d'usura non restituito.
Per quelle minacce verbali ricevute, il 20 settembre scorso (il giorno prima dell'udienza), da un parente di uno degli imputati del processo è indagato, da quanto si è saputo, Giuseppe Manno, altro componente della famiglia Manno, che è stato interrogato oggi dagli investigatori.
A fine novembre del 2017 erano stati arrestati anche Manuel Manno, cugino di Roberto, Fabrizio Gambardella e Francesco Pentassuglia, accusati, a vario titolo, di estorsione, usura e violenza privata. A febbraio del 2018, poi, sempre nello sviluppo delle indagini sulla bomba, erano stati arrestati anche Filippo Manno, Maurizio Schiraldi, Massimo Signorelli e Alessio De Biasi, accusati, a vario titolo, di detenzione e porto di materiale esplodente aggravato dal metodo mafioso, porto e vendita illegale di armi e furto. Il processo per gli otto imputati dovrebbe arrivare a sentenza davanti al gup l'8 novembre.
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