Preti indagati nel Vibonese, la Diocesi li difende

La rivista dei gesuiti ricorda dati allarmanti emersi da alcuni studi

“Al contrario di quanto apparso sulla stampa, non è stato don Maccarone a minacciare il signor R.M., evocando l’intervento di chissà chi, ma è stato questi a raggirare il sacerdote e a tentare ogni ricatto registrando a sua insaputa conversazioni telefoniche, il cui contenuto è stato artatamente alterato e artificiosamente interpretato fino ad accusarlo di messaggi a sfondo sessuale con la figlia, con minaccia di rendere pubblici quei messaggi”.

Lo si legge in una nota della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, che prende così posizione sull’inchiesta che vede indagati don Graziano Maccarone, segretario particolare del vescovo, e don Nicola De Luca,  rettore del Santuario di Santa Maria dell’Isola di Tropea (Vv), per i quali la Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose.

Lo si legge in una nota della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, che prende così posizione sull’inchiesta che vede indagati don Graziano Maccarone, segretario particolare del vescovo, e don Nicola De Luca,  rettore del Santuario di Santa Maria dell’Isola di Tropea (Vv), per i quali la Dda di Catanzaro ha chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di tentata estorsione aggravata dalle modalità mafiose.

“Il tutto – prosegue la Diocesi – finalizzato chiaramente a trovare una scusa e non restituire il denaro. E’ grave e immorale da parte di un padre giocare con l’onorabilità di una figlia per soldi. Vista l’impossibilità di riavere il denaro prestato, don Maccarone e De Luca hanno inteso tagliare i ponti con R.M. rinunciando al dovuto. In risposta, il tale ha provveduto ad inventare un’accusa inesistente e a denunciarli falsamente alla Dda. Don Maccarone ha presentato denuncia alla Procura di Vibo contro il suo accusatore”.

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