I (grossi) GUAI DI CARLO MARINO, CARLO SAVOIA & CO. Nicola Schiavone: “Forse nella monnezza sono arrivati i siciliani e i calabresi, ma devono comunque mettersi d’accordo col CLAN DEI CASALESI”

14 Dicembre 2018 - 14:31

CASAL DI PRINCIPE(g.g.) Eravamo rimasti alla gara d’appalto per la raccolta dei rifiuti del comune di Casal di Principe e al problema, affiorato nel contesto criminale gestito dalla famiglia Schiavone della impossibilità da parte di Nicola Ferraro e della sua Eco Campania, di parteciparvi, a causa della prima interdittiva antimafia.

Nicola Schiavone, sempre nell’interrogatorio dello scorso 28 settembre, inserito nei documenti collegati all’indagine che la dda sta svolgendo sulla gara d’appalto, probabilmente truccata del comune di Caserta per la raccolta dei rifiuti, aggiudicata alla EnergetikAmbiente, racconta di aver convocato qualcuno del comune di Casal di Principe, il cui nome viene, naturalmente, omissato, dal quale riceve l’informazione della piena disponibilità di un’impresa con sede fuori regione, a rappresentare in tutto e per tutto Nicola Ferraro e quindi a rapportarsi al clan dei casalesi allo stesso modo.

Schiavone dà l’ok, ma anche questa seconda impresa deve alzare bandiera bianca per effetto di un’interdittiva antimafia. A quel punto, il figlio del capo dei capi afferma di aver convocato l’allora sindaco (il nome ce lo mettiamo noi, perchè nel 2006 il sindaco era il forzista Francesco Goglia) e deciso di affidare l’appalto al consorzio pubblico di cui Casal di Principe faceva parte. Non c’è nell’interrogatorio il riferimento di identificazione preciso, ma non si fa fatica a individuare l’ente nel consorzio rifiuti Caserta2 o Ce2, che dir si voglia.

Nicola Schiavone, alla fine dell’interrogatorio, dice un paio di cose, a nostro avviso, molto, ma molto interessanti e che potrebbero essere una chiave di lettura delle attuali indagini che coinvolgono il comune di Caserta. Schiavone dice che anche oggi esiste un clan dei casalesi e anche oggi le gare di appalto dei rifiuti rappresentano una delle principali fonti di arricchimento della criminalità.

E se anche ci fosse, come evidentemente Nicola Schiavone può pensare, sapere o sospettare, l’inserimento nel mercato di soggetti imprenditoriali che, indirettamente, si ricollegano a mondi criminali calabresi o siciliani (andatevi a leggere nella nostra inchiesta la prima puntata, dedicata ai rapporti tra Carlo Savoia e la famiglia dei Paratore, considerata vicina dalla dda palermitana al clan Santapaola), questi soggetti per una sorta di codice d’onore, non scritto, ma vigente tra mondi criminali storicamente strutturati, come sono la camorra, la ‘ndrangheta e la mafia, dovrebbero comunque dar conto e chiedere l’autorizzazione ad acquisire appalti, commesse nel territorio della provincia di Caserta.

Insomma, aggiungiamo noi, occorrerebbe un anello di congiunzione, un colletto bianco o grigio, in grado di mettere in collegamento questi nuovi soggetti che arrivano da lontano e che sono riusciti sempre a confondere le tracce della loro vera identità (ribadiamo l’invito a leggervi la nostra inchiesta su Savoia, i Paratore, Pizzimbone, Marcello Dell’Utri ecc.), con le strutture criminali indebolite, ma ancora viventi e rappresentate da congiunti, magari con cognomi diversi delle antiche famiglie dominanti degli Schiavone e dei Bidognetti.

Ed è proprio sull’esistenza e sulla configurazione del ruolo che Carlo Savoia ha avuto nel nuovo contesto fatto immaginare dalle dichiarazioni di Nicola Schiavone, che la dda sta indagando, percorrendo, a nostro sommesso avviso, la strada giusta.

 

 

QUI SOTTO LO STRALCIO DELL’INTERROGATORIO DI NICOLA SCHIAVONE