LA NOTA. Il pentimento di Nicola Schiavone, assecondato da mamma Giuseppina, è solo il formale atto di liquidazione del CLAN DEI CASALESI

3 Agosto 2018 - 10:01

CASAL DI PRINCIPE – Il clan dei casalesi è ufficialmente finito, almeno nella versione, peraltro meramente residuale negli ultimi anni, nel momento in cui l’erede al trono ha deciso di diventare un collaboratore di giustizia.

Il figlio di Francesco Schiavone Sandokan, il capo di tutti i boss diventa espressione emblematica, sigillo di un rito di liquidazione formale, di dissolvenza certificata, il cui cupio era, però cominciato proprio nel giorno del suo arresto che aprì la strada almeno per quel che riguarda la sequenza logica di una decapitazione ormai inevitabile da quando lo stato aveva deciso di combattere seriamente e di chiudere il conto con il clan a quelli di Antonio Iovine e Michele Zagaria. 

Al di la di quello che Nicola Schiavone potrà dire ai magistrati della dda sui suoi tentativi di rinverdire gli orrori e la potenza su questi fondata, il suo pentimento impartisce agli ultimi adepti ancora in libertà un definitivo “sciogliete le righe” rispetto a un modello di camorra, in verità uno dei pochi sopravvissuti, visto che a Napoli da tempo si assiste a una parcellizzazione e ad una polverizzazione dei gruppi criminali, basato su un vertice assoluto e su una sorta di cupola, differente per molti aspetti dalle “commissioni” siciliane, ma comunque collegata alla gerarchie nate dopo la morte di Antonio Bardellino.

L’adesione di Giuseppina Nappa, moglie di Francesco Schiavone al programma di protezione è, a sua volta, in considerazione del ruolo potente e mai irrilevante della professoressa, una sorta di controfirma apposta sotto all’atto di liquidazione. 

Che poi uno degli altri “ragazzi”, cioè Walter Schiavone fa tempo al confino in Molise per effetto dell’ordinanza che lo colpì nel febbraio del 2017, questo conta, ma fino a un certo punto visto che la sua adesione al programma di protezione era largamente prevedibile in relazione anche ad una restrizione della libertà personale che ora incrocia l’occasione per un suo ulteriore affievolimento.