LABORATORI D’ANALISI. Le multinazionali cannibali porteranno ad analizzare il sangue dei casertani e dei napoletani in India

7 Settembre 2018 - 12:36

CASERTA(g.g.) Il problema è che pure noi, quando affrontiamo queste tematiche, tendiamo colpevolmente a concentrarci troppo sulle implicazioni attinenti alla politica, al potere, cercando di individuare le direzioni prese dai grandi flussi di danaro, connesse a certe attività.

E invece, dovremmo ogni giorno esercitarci all’intransigente espressione del nostro lavoro, in modo che questo punti esclusivamente a porre al centro di ogni discorso l’interesse del cittadino, sia nella sua versione da utente, sia in quanto persona collegata a diritti fondamentali che vanno anche al di la di quelli incorporati nella quota di appartenenza alla cittadinanza.

L’altro giorno abbiamo affrontato, anzi abbiamo sfiorato un argomento, alla cui esposizione bisogna, però imprimere una correzione di rotta che lo strutturi come tema riguardante i grandi ed inscalfibili diritti dei cittadini, in questo caso, dei cittadini-utenti, dei cittadini-pazienti, dei cittadini a cui deve essere erogata una sanità pulita, trasparente e che abbia come unico proprio obiettivo la tutela della salute.

Quando abbiamo scritto di alcune multinazionali che stanno cannibalizzando i maggiori laboratori, centri radiologici e chi più ne ha più ne metta, in Campania, abbiamo fatto procedere la riflessione fino ad una valutazione di tipo quasi esclusivamente economico, precisamente micro economico inerente ai monopoli e alla condizione di pericolo in cui sono precipitate le strutture più piccole.

Ora bisogna fare un passo in avanti e arrivare ad una spiegazione sui pericoli, sui dubbi che questo tipo di attività stile “pesce grande mangia pesce piccolo”, che si configurano all’orizzonte non solo per le migliaia di dipendenti dei laboratori storici, ma anche, fatto ancor più importante, per le persone in carne e ossa che la mattina, dopo non aver fatto colazione, si recano in un laboratorio per sottoporsi ad un prelievo di vario genere.

Si chiamano economie di scala. Non è che le multinazionali tedesche, austriache, francesi buttino via i soldi così, a casaccio. Se spendono, come hanno speso, pagando sull’unghia, 20 milioni di euro per acquistare uno dei centri di radiologia più prestigiosi della Campania, quello della famiglia Salvatore, se spendono altri 8 milioni a Nocera per acquistare un laboratorio, tra i più accorsati, cioè quello di Gennaro Lamberti e poi fanno diventare quest’ultimo un proprio dipendente che però non lascia il controllo del sindacato più forte, più incidente, cioè la Federlab, di cui resta vicepresidente regionale, vuol dire che questo fiume di danaro investito è uno strumento certo per un progetto di profitto.

E fin qui, nulla di male, se non una critica sacrosanta nei confronti Federlab dell’amico Enzo D’Anna, il quale tenendo Gennaro Lamberti sulla poltrona di vicepresidente regionale del sindacato, nonostante non sia più un imprenditore, ma un semplice dipendente, dà la sensazione di aver stretto un accordo che, a voler essere generosi, definiamo, per il momento, improprio, tra il suo sindacato e le multinazionali. Il che non sembra molto in linea con la mission di un soggetto che deve tutelare interessi diffusi, nello specifico far sintesi in un coacervo non sempre riconducibile a fattor comune, degli interessi dei suoi iscritti, una platea formata, per la maggior parte, da imprenditori di strutture medie e piccole. 

E torniamo al principio già citato delle economie di scala

. Non è un concetto di semplicissima comprensione per coloro che non hanno mai aperto un libro di economia. Noi lo secolarizziamo in modo da farlo ben comprendere sin da subito e senza girarci troppo intorno. La forza di queste multinazionali è tale che una volta cannibalizzato il sistema degli storici operatori del settore, sarà in grado di creare una vera e propria industria del prelievo.

Il sangue lo prenderanno, per esempio, a Caserta e lo andranno ad analizzare a Brescia, a Padova, come, d’altronde, già fanno adesso. Si dirà: ma questo non costa un botto in termini di trasporti, aerei, eccetera? E che ci stanno a fare, allora, le economie di scala? E’ chiaro che se tu multinazionale hai mezzi economici che ti consentono di fare asso pigliatutto di strutture convenzionate con migliaia e migliaia di utenti, a Padova o a Brescia ci mandi 20 mila provette.

Sopporterai un costo maggiore per quanto riguarda il trasporto. Ma troverai lì condizioni organizzative, di struttura aziendale che alla fine, calcolatrice alla mano, ti daranno profitti corposissimi e ampiamente superiori a quelli che si potrebbero ricavare se le provette con il sangue rimanessero nello spazio di 50/60 chilometri.

In queste multinazionali si sta già lavorando, dato che il mappamondo rappresenta uno strumento di arricchimento a certe condizioni quando cioè uno la globalizzazione la può attivare perchè c’ha tanti quattrini nell’ambito di processi produttivi ordinari. Già si stanno preparando per portare non 10 mila, ma magari 100 mila o 200 mila provette per volta, in un centro di analisi di Bombai, Nuova Delhi, o di Calcutta, dove il costo del lavoro incide un decimo rispetto a quanto incida qui da noi. E non ci sarà consorzio di laboratori medio piccoli che decidono di lavorare insieme, di coalizzarsi per respingere questo attacco micidiale, che riuscirà a tenere i suoi costi tanto bassi da poter competere con i giganti stranieri.

Mo’, ve l’immaginate il nostro pensionato, lasciato una cinquantina di righe orsono, ma che non ha ancora fatto colazione, e che finalmente è arrivato a destinazione ed entra nella saletta, saggiando l’emozione del laccio emostatico? Quando è seduto su quella sedia dove l’infermiere lo palpa alla ricerca della vena giusta, lui ha una certezza granitica: il suo sangue sarà analizzato nella stanza a fianco. Manco per l’anticamera del cervello gli passa invece, che il suo sangue diventerà ingranaggio di un sistema globalizzato. Il suo sangue partirà per l’India poi tornerà a Caserta e lui andrà a ritirare le risposte, pensando che sia stata la biologa della porta accanto, con solo 2 o 3 provette da analizzare, a dargli un quadro delle proprie condizioni di salute.

Noi non vogliamo parlare di cose che non ancora conosciamo bene, per cui, magari queste multinazionali avranno metodi infallibili, sicurissimi. Magari spediranno le provette con lo shuttle. Però onestamente siamo curiosi di capire come una spedizione di provette, quand’anche sigillate, quand’anche classificate, inviate a decine di migliaia di chilometri di distanza, all’interno di aerei cargo, possa fornire garanzie accettabili di sicurezza sanitaria. Questo lo vedremo, perchè è un argomento che ci intriga.

E noi, tra un articolo di cronaca nera e l’altro, ogni tanto qualcosa la sappiamo fare e qualcosa sappiamo scrivere sui temi ad alto peso specifico, su quelli che riguardano la collocazione delle risorse e l’accumulazione dei profitti. Questo è un caso del genere.

Nella prossima puntata, scriveremo (vedete che stiamo cominciando a studiare?) di una norma che stabilisce categoricamente ed inderogabilmente, quali siano i requisiti per spostare una provetta da un centro prelievi, anche per un solo metro all’esterno dello stesso.

E lì ne leggerete veramente delle belle.