Mafia, il blitz Caronte: condannato a 15 anni Enzo Ercolano Dalla Geotrans al ruolo nella federazione autotrasportatori

La penombra del secondo piano del palazzo di giustizia di piazza Giovanni Verga come cornice di un’attesa estenuante, durata quasi 12 ore. C’è voluta una camera di consiglio molto lunga per arrivare alla sentenza del processo di primo grado scaturito dal blitz antimafia Caronte. Quattro anni dopo, passate abbondantemente le 20 di ieri sera, è toccato alla giudice Rosa Anna Castagnola leggere il dispositivo davanti a una folla di avvocati e imputati. Tra loro anche Alfio Aiello e Francesco Scuto, a lungo a colloquio prima del verdetto. Il primo è stato condannato a sei anni e sei mesi, mentre per il secondo la pena ammonta a sette anni e undici mesi. Per il fratello di AIello, ossia il capo provinciale di Cosa nostra catanese Vincenzo, c’è stata la condanna a sette anni di reclusione. Il nome caldo dell’inchiesta è stato però un altro. 

Per identificarlo gli inquirenti lo avevano come bollato come l’uomo «dalla spessore criminale elevatissimo». All’anagrafe Enzo Ercolano, imprenditore del settore autotrasporti che, almeno secondo le accuse, avrebbe proseguito la tradizione di famiglia anche in campo mafioso. A lui è stata comminata una condanna per mafia a 15 anni, mentre per alcune condotte ha ottenuto l’assoluzione con la formula «perché il fatto non sussiste». Dietro il suo cognome c’è una storia di mafia, soldi e sangue che ha avuto come protagonista di rilievo il padre Pippo. Boss, defunto nel 2012, che grazie al matrimonio con la sorella di Nitto Santapaola sancì la nascita dei Santapaola-Ercolano, marchio di fabbrica della mafia alle pendici alle pendici dell’Etna. Dopo di lui è toccato al figlio Aldo. Ergastolano , reggente dell’ala militare ma, soprattutto, condannato per l’omicidio del giornalista Pippo Fava. Enzo Ercolano, da quattro anni in carcere sottoposta a una lunga custodia cautelare, in passato ha avuto la meglio in diversi processi. Assolto per non avere commesso il fatto nell’inchiesta Sud Pontino e risarcito dallo Stato per ingiusta detenzione. A lui, che è stato presidente delle sezione etnea della Federazione autotrasportatori italiani, era legata anche l’azienda Geotrans, poi passata sotto l’amministrazione dello Stato. Riconosciuta dagli addetti ai lavori, nonostante le grosse difficoltà iniziali, come un modello positivo di gestione pubblica di un patrimonio sottratto ai vecchi proprietari. Con la sentenza di ieri sera, oltre alla condanna della sorella Cosima Palma Ercolano (tre anni) e del cognato Concetto Palmino Di Stefano (tre anni), la corte ha disposto anche la confisca di tutte le quote sociali. Confermando anche l’attuale amministrazione giudiziaria. 

Nel 2013 con l’inchiesta Caronte erano finite in manette 23 persone. In quella che, a tutti gli effetti, è stata una sorta di prosecuzione dell’indagine Iblis. Mafia, politica e imprenditoria sarebbero scesi ancora una volta a patti, puntando in maniera decisa sull’autotrasporto via terra e via mare. Settore che ha tratteggiato i presunti ruoli di Francesco Caruso e Giuseppe Scuto. Il primo, iscritto alla massoneria ed ex consigliere comunale a Misterbianco, il secondo volto noto delle forze dell’ordine per piccoli precedenti per droga e accusato dai pentiti di essere stato un prestanome della famiglia Ercolano. Ieri sera condannato a 16 anni e 7 mesi di carcere. Insieme, Caruso e Scuto, ideatori del partito dei tir. Compagine politica nata tra il 2008 e il 2009 che sposò la causa autonomista di Raffaele Lombardo per le elezioni europee. Con l’inchiesta dei magistrati di Catania emerse il presunto tentativo di Cosa nostra di ottenere facilitazioni economiche con i cosiddetti ecobonus, ovvero gli incentivi concessi agli autotrasportatori per gli spostamenti via mare. Oltre a questo i tentativi di ottenere leggi favorevoli per il blocco dei tir in orario notturno, così da incrementare proprio gli spostamenti via mare. In occasione delle europee 2009 il logo del Movimento per le autonomie finiva anche sui tir grazie a un’intesa elettorale formalizzata in modo ufficiale. Anche lo stesso Ercolano avrebbe nutrito una certa simpatia per il mondo della politica. Come ha svelato durante il processo l’imprenditore-pentito Biagio Grasso. Tra gli animatori della protesta dei Forconi, che nel 2012 sosteneva il settore dell’autotrasporto, compariva proprio il nipote di Nitto Santapaola. Presente a una conferenza stampa, durante le proteste in Sicilia, alle spalle dell’agguerrito leader dei trasportatori Giuseppe Richichi

Il connubio mafia-imprenditoria si sarebbe celato anche negli scaffali dei supermercati. Con il processo di primo grado – rito abbreviato – sono stati condannati sette imputati, mentre per altri quattro era stata disposta l’assoluzione. Alla prima categoria appartiene Carmelo Motta, originario di Belpasso e specializzato con le sue aziende nella fornitura di carne. Nel 2009 riusciva a chiudere un contratto con la Meridi srl per la fornitura di prodotti in 30 supermercati a marchio Fortè, all’epoca di proprietà dell’attuale patron del Calcio Catania Nino Pulvirenti. Tra richieste e minacce si sarebbe invece consumata la trattativa per la vendita del logo dell’Acireale Calcio 1946. Vicenda, anche questa, finita tra i faldoni dell’inchiesta Caronte. Da un lato del tavolo l’ex patron della squadra acese Santo Massimino – coinvolto e poi assolto nell’inchiesta Iblis – e dall’altro un imprenditore 20enne, quest’ultimo intenzionato a rilevare il marchio. In mezzo la figura di Enzo Ercolano e l’ipotesi dell’accusa che dietro la transazione si sarebbe consumato un tentativo d’estorsione da 15mila euro e un pizzo, consumato, da cinquemila euro. Con la sentenza di ieri sera Massimino – che si è sempre dichiarato vittima – ha ottenuto l’assoluzione «perché il fatto non sussiste».

Le condanne:

Alfio Maria Aiello: 6 anni e 6 mesi,
Vincenzo Aiello: 7 anni,
Marco Maria Anastasi: 3 anni,
Bernardo Cammarata: 3 anni e 3 mesi,
Sergio Cannavò: 9 anni,
Francesco Caruso: 7 anni e 11 mesi,
Concetto Palmino Di Stefano: 3 anni,
Cosima Palma Ercolano: 3 anni,
Vincenzo Augusto Ercolano: 15 anni,
Giacomo Greco: 2 anni e 6 mesi,
Francesco Guardo: 13 anni e 10 mesi,
Michele Guardo: 13 anni e 6 mesi,
Giuseppe Scuto: 16 anni e 7 mesi,
Francesco Strano: 3 anni,


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