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“Il divo e il giornalista”, gli anni di piombo tornano a Perugia a Umbrialibri

Alvaro Fiorucci e Raffaele Guadagno (foto Instagram)

Il libro di Alvaro Fiorucci e Raffaele Guadagno sul processo a Giulio Andreotti per l’omicidio Pecorelli al centro di una tavola rotonda

PERUGIA – «Un processo è anche rappresentazione del contesto socio-politico-economico nel quale dispiega la sua parabola giudiziaria. Se sul banco degli imputi ci sono un sette volte presidente del Consiglio dei ministri, un magistrato, tre boss della mafia e un giovane in ascesa nella Banda della Magliana, allora quel processo è ancora di più specchio dei tempi che lo hanno prodotto».

Così gli organizzatori presentano “Il divo e il giornalista, Giulio Andreotti e l’omicidio di Carmine Pecorelli: frammenti di un processo dimenticato”, il libro (Morlacchi editore) scritto da Alvaro Fiorucci e Raffaele Guadagno che sarà al centro della tavola rotonda in programma oggi, sabato 6 ottobre, alle 17 nel complesso monumentale di San Pietro nell’ambito della seconda giornata di Umbrialibri.

L’incontro, per affrontare il tema del periodo degli anni di piombo, sarà coordinato da Francesca Romana Elisei, giornalista del Tg2, e vedrà la partecipazione dei due autori, di Sergio Materia, il giudice che decise il rinvio a giudizio di alcuni indagati eccellenti, dello storico Fabrizio Bracco e dell’avvocato Tamara Pelucchini. L’assassinio di Carmine Pecorelli, detto Mino, avvenne a Roma il 20 marzo 1979, ma il processo si celebrò a Perugia.

Le indagini coordinate dai sostituti procuratori Fausto Cardella e Alessandro Cannevale portarono davanti alla Corte d’Assise il senatore Giulio Andreotti, il magistrato Claudio Vitalone, il boss mafioso Gaetano Badalamenti, il cassiere di Cosa Nostra Pippo Calò, accusati di essere i mandanti e l’ex Nar, uomo della Magliana, Massimo Carminati e il “picciotto” Michelangelo La Barbera, indicati come esecutori. La vicenda immersa nei segreti di un ventennio terribile, si è conclusa con l’assoluzione di tutti gli imputati con una sentenza definitiva che riconosce agli inquirenti perugini di aver lavorato in un contesto senza alternative. E il contesto è appunto quello degli anni di piombo.

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