La Rivoluzione dei 5 Stelle e Salvini Dudù

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DI ROSANNA SPADINI

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Che il Movimento 5 Stelle abbia vinto le elezioni, ce ne siamo accorti, ma credo che non tutto il Paese abbia capito la portata storico politica di questa vittoria, grazie alla propaganda mediatica che confonde le coscienze degli italiani, ma forse nemmeno gli altri partiti comatosi lo hanno capito, visto che stanno dando uno spettacolo tragicomico di sé, nel tentativo disperato di sopravvivere.

Il significato politico della vittoria a 5 Stelle assume una valenza molto più profonda del semplice calcolo numerico, perché per la prima volta nella storia degli ultimi decenni i partiti della casta si trovano di fronte ad un vicolo cieco: adeguarsi alla volontà popolare, oppure sparire per sempre. Il fatto che M5S e Lega continuino a mietere consensi, soprattutto nel dopo elezioni, dimostra ampiamente che la deriva degli altri sta procedendo inesorabilmente verso il default completo.

La storicità della vittoria a 5 Stelle ha scatenato un vero e proprio putiferio di consensi/dissensi, ed ora sta dettando legge nei rapporti di forza di queste consultazioni. Se si farà un governo così come lo chiede il MoV, soprattutto con l’accordo con la Lega, la volontà popolare apparirà finalmente soddisfatta, e la sinergia tra cittadini e governo potrà dirsi rafforzata, foriera di operatività ed efficienza programmatica, equamente rispettosa della linearità dei programmi dei due partiti. Tutto il resto al contrario apparirà un inciucio antistorico e anacronistico di esasperata sproporzione.

Ulteriore rinnovamento negato e contestato il fatto che il M5S abbia vinto presentandosi come una forza libera da collusioni affaristiche coi potentati d’interesse privati, che combatte aspramente (no olimpiadi, no inceneritori, no tav, no privatizzazioni welfare …),  trasformando  perfino rimborsopoli in un boomerang verso i suoi detrattori, con l’intero universo dei media minuziosamente ostile nei suoi confronti.

Dopo i #VaffaDay, che hanno meticolosamente picconato le infami spartizioni lobbistiche dei soldi e dei beni pubblici, che hanno delegittimato il sistema per l’endemica corruzione su cui ingrassava da decenni, ora è arrivato il momento di approdare al governo, ma naturalmente lo si potrà fare solo alle condizioni dettate dal MoV, perché se cadesse nella spirale di un possibile intrallazzo delle larghe intese, sarebbe definitivamente morto alle prossime elezioni.

In Italia sta avvenendo una sorta di mutazione inedita della Costituzione materiale, un cambiamento ancora in fieri non ancora realizzatosi, ma che procede lento e inesorabile verso una nuova modalità nella formazione del governo: non più alleanze per spartirsi le poltrone, quanto un contratto firmato sui programmi e sui problemi da risolvere. Nonostante una legge elettorale truffa, il Rosatellum2, fosse stato confezionato appositamente per impedire  l’avanzata dei populismi.

Il dramma politico di Salvini appare davvero simile ad una nemesi storica. Il suo 17% però sta salendo inesorabilmente nel dopo voto, quindi solo uno strappo alla catena che lo tiene avvinto a Silvo Belusconi potrà permettergli di realizzare il partito nazionalista che ha in mente, senza troppi vincoli impositivi.  Il rischio potrebbe essere quello di  cadere nelle grinfie dei dossieraggi berlusconiani, per le probabili «cucine a Montecarlo», ma a sua volta Salvini potrebbe ricattarlo dalla sua posizione nel nuovo governo.  Diversamente se rimarrà invischiato nelle solite trame affaristiche di un governo dei soliti noti, allora alle prossime elezioni perderà milioni di consensi. Alcuni rapporti di forza stanno mutando.

Berlusconi ha ottimi argomenti per tenere al guinzaglio l’alleato leghista, infatti è piuttosto pericoloso sganciarsi dal suo abbraccio mortifero, dato che è abituato a manganellare i dissidenti con le sue tv,  basti ricordare i casi di Fini e di tantissime persone che hanno provato a liberarsi di lui. Del resto la strategia del dossieraggio è sempre stata vincente, dato che il capo o ti compra o ti mena o devi per forza restare legato al suo guinzaglio come Dudù.

Puntuali a questo punto le affermazioni del nonnetto incatramato, attacca dal Molise per chiudere le porte a qualsiasi altro spiraglio di trattativa con il M5s: «I cinquestelle sono un pericolo per il Paese, non sono un partito democratico. Sono il partito dei disoccupati. Mi sono un po’ rotto di spiegare ancora queste cose agli italiani. Che hanno votato molto male». Ed espone invece la sua idea di esecutivo, che comprende un’apertura al Pd: «Io penso a un governo di centrodestra che guardi al gruppo misto e ad alcuni esponenti del Pd, su questo punto la penso molto diversamente da Giorgia Meloni e Matteo Salvini».

Ma la replica categorica del capogruppo dem alla Camera Ettore Rosato: «Berlusconi sogna se pensa di potersi prendere alcuni esponenti del Pd. E sogna ancora di più se pensa che possa esserci il Pd a sostegno di un governo con Salvini e la Meloni. Non faremo la ruota di scorta di nessuno».

L’inciucio Renzi-Berlusconi quindi per ora sembra scongiurato, anche per volere di Salvini, che ha detto che sarebbe per lui assurdo fare un governo col PD. Infatti il Nazareno non è stato un semplice incidente di percorso, ma l’estremo bacio di Giuda di un sistema di potere che cercava di sopravvivere al proprio fallimento storico.

Ma un altro tassello si aggiunge allo storytelling, un altro appoggio al possibile «tradimento» di Salvini. Arriva come un terremoto la sentenza del processo di Palermo, che conferma l’esistenza della Trattativa tra Cosa nostra e pezzi dello Stato, e tra  boss mafiosi, alti ufficiali dei carabinieri e il fondatore di Forza Italia. Mentre la piovra assassinava magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, ammazzava inermi cittadini nelle stragi di Firenze e Milano, uomini delle istituzioni hanno cercato un contatto e sono diventati il canale che ha condotto fino al cuore dello Stato la minaccia violenta dei corleonesi: Marcello Dell’Utri si è rivelato uomo cerniera di Cosa nostra, nel momento in cui s’insediava il primo governo di Silvio Berlusconi.

La sentenza rimbalza su tutti i media: condannato il vertice del Ros, il reparto speciale dell’Arma e il generale Mario Mori, condannato Marcello Dell’Utri, l’ex senatore e fondatore di Forza Italia. Per i 5 Stelle è manna che scende dal cielo, arrivata non a caso e al momento giusto.  Le parole del Pm Nino Di Matteo danno il via all’attacco di Di Maio contro Berlusconi «Il Caimano è nervoso, hanno condannato Dell’Utri» infierisce Di Battista; «Questa sentenza è una pietra tombale sull’ex Cavaliere, Dell’Utri fece da tramite tra Cosa Nostra e Berlusconi» scrive sui social Riccardo Fraccaro; «Oggi muore per sempre la Seconda Repubblica» aggiunge Di Maio.

Salvini ora si zittisce. Berlusconi dal Molise promette di diventare «molisano» con tanto di villa acquistata in loco, conferma che un governo coi 5 Stelle è semplice paranoia, e precisa che il nuovo governo dovrà partire dal centrodestra unito che ha avuto la maggioranza. I voti del Pd sono lì disponibili, basta prenderli per far partire il governo. Però Salvini non ci sta, mettendo a dura prova la tenuta della coalizione, tanto che oggi sono volate parole grosse tra i due.

La crisi politica italiana degli ultimi anni è stata per di più l’esatto riflesso di quella economica, che ha sgretolato dalle fondamenta la credibilità della falsa casta partitocratica. La democrazia rappresentativa appare in tutto la sua becera veste di apparato predatorio di soldi pubblici (vitalizi, rimborsi elettorali, appalti truccati), anche se nei primi mesi del 2018 i tesorieri dei partiti sono entrati in fibrillazione proprio per il prosciugamento delle casse.

Alla fine insomma la politica dei veti incrociati sta dando i suoi frutti e i giullari del verbo stellato, definiti incapaci, incompetenti, populisti, cialtroni ed impresentabili si sono rivelati una forza rivoluzionaria per tutto il sistema partitocratico. Accusati di essere visionari e complottisti, scienziati del no-vax e truffatori di Rimborsopoli, sono lì ad un passo dal governo, e se il loro progetto fallisse, la prossima volta arriveranno a percentuali bulgare, con Di Battista che si sta scaldando i muscoli per assumere il prossimo premierato.

Perché «rivoluzione»? perché indietro non si torna, il punto di non ritorno è stato ampiamente superato, ed anche se i poteri occulti del deep state, che tramano per una soluzione restauratrice e reazionaria, riuscissero a vincere anche stavolta, l’obolo di Caronte li aspetta al varco delle prossime elezioni. A loro non resta che cercare di «normalizzare» il MoV, oppure cedere alla resa incondizionata.

 

Rosanna Spadini

Fonte: www.comedonchisciotte.org

21.04.2018

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