Licola, il rifugio dove pregano gli stranieri e i residenti hanno paura

diPiero Rossano, dall’inviato

Viaggio nella zona dove è stato arrestato il gambiano accusato di terrorismo islamico

Via del Mare è un anonimo rettilineo che parte dal territorio di Pozzuoli e termina, in direzione Nord, in quello di Giugliano in Campania, i due comuni che si dividono la responsabilità amministrativa di Licola. Percorsa in questa direzione, sulla sinistra, a poco più di 100 metri, c’è il mare; dal lato opposto due-tre file di case e alle spalle terreni, per lo più incolti. Su entrambi i lati si affacciano abitazioni al massimo su due piani. Un tempo forse avevano un colore, oggi hanno intonaci scrostati e ringhiere arrugginite.

Giusto al centro di via del Mare, in territorio di Giugliano, c’è la moschea dove venerdì mattina della scorsa settimana – ma lo si è appreso solo ieri – agenti della Digos e militari del Ros hanno fermato Alagie Touray, il gambiano di 22 anni sospettato di terrorismo. «Non abbiamo presente nemmeno com’è fatto, è inutile che ci mostrate la foto: i neri sono tutti uguali» dicono alcune donne all’esterno del Big Market, un negozio di più generi che sorge di fronte alla moschea, frequentata oltre che dagli africani, anche da bengalesi e pakistani. Dietro la cassa è seduta la signora Enzina, che con il figlio Giacomo conduce l’attività commerciale.

«Sono bravi ragazzi, vengono qui a fare la spesa. Abbiamo sentito come tutti la notizia al telegiornale – commenta la signora – ma posso dire che non è mai accaduto nulla che ci facesse preoccupare». La moschea, che sorge in uno scantinato di una palazzina assai malandata ed è protetta da una cancellata per l’occasione chiusa, è nata sei anni fa. L’insegna è infranta. «L’ha distrutta uno di loro due settimane fa» racconta Vincenzo Cavaliere, un uomo del posto. «Una notte dava di matto, si è pure lanciato dal primo piano ed abbiamo dovuto chiamare i carabinieri». «Da anni sono qui – interviene però il gestore del market – e non hanno mai dato fastidio. Sono gli ultimi arrivati quelli di cui diffidare». Giacomo distingue tra «chi è qui da lungo tempo, ed ha un lavoro»; e chi, invece, «è arrivato da un anno, un anno e mezzo ed è ospite degli alberghi della zona: i richiedenti asilo». «Non sappiamo di cosa vivano – osserva – ma immaginiamo per lo più di espedienti».

La zona è quella di Licola Mare. Per arrivarci dal versante di Pozzuoli-Monteruscello una volta abbandonato l’ultimo tratto della Tangenziale bisogna ridiscendere anzitutto via San Nullo, una strada che attraversa canneti, case di periferia, dove c’è un cash and carry ed un’armeria e sulla cui sommità, con una dose di pretenziosità, si affaccia il bar Champs Elysees. «Non sappiamo niente» tagliano corto i giovani all’esterno. Il via vai di cronisti dalla zona li ha infastiditi non poco. La strada degrada verso l’area di Licola Borgo.

Quando vi si arriva ci si imbatte anzitutto in una rotatoria realizzata da new jersey bianchi e rossi. «Vede quel posto? Lì, la mattina, dalle 6 in poi molti immigrati attendono che qualcuno gli offra una giornata di lavoro» svela Antonio Mele, un giovane. Come a Villa Literno o a Ischitella è significativo anche qui il fenomeno del caporalato. «Vanno per lo più a lavorare in campagna, qualcuno nell’edilizia».

Alessandro Del Giudice serve al bancone del Mediterraneo Caffè. Dice che «la convivenza con loro è sempre stata buona», che «è gente che non dà fastidio». Ma che da ieri non è nemmeno più facilmente avvicinabile. All’Hotel Circe, dove dimorava il presunto terrorista, i responsabili della cooperativa Family, che gestisce la struttura per i richiedenti asilo, hanno evitato per tutto il giorno che avessero un contatto con l’esterno. Non è dato sapere perché.

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27 aprile 2018 2018 ( modifica il 27 aprile 2018 2018 | 08:21)