9 luglio 2018 - 09:50

Vacanze di Natale, il regista: «Oggi apparire non conta più»

Nel 2013, Vanzina si raccontava a Il Corriere del Veneto: «I nuovi ricchi? Si nascondono»

di Francesco Chiamulera

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CORTINA In tutto il mondo sono esistiti gli anni Ottanta, ma forse solo in Italia il culto e la damnatio memoriae verso quell’epoca - due facce della stessa medaglia - sono così forti e persistenti. Sarà perché nel giro di pochi, pochissimi anni, allora, si innestarono così tanti cambiamenti. O perché per molti è stata l’ultima epoca di arricchimento, in modi più o meno tortuosi. A volte sembra che gli italiani vivano davvero solo per brevi momenti della loro storia, e che poi passino il resto del tempo a guardarsi indietro, a cercare di decifrarla. A praticare la nostalgia. E’ così accaduto che Vacanze di Natale sia nato in fretta e un po’ per caso, in modo quasi goliardico, nel 1983, tra registi e produttori amici che frequentavano Cortina d’Ampezzo, con un budget limitato, per raccontare con i ritmi e le note di allora, e soprattutto lo slang un po’ irritante, un’epoca. Ma che poi, nei trent’anni successivi, si sia generato quello che i sociologi chiamano cult, una generazione di spettatori che il film dei fratelli Carlo ed Enrico Vanzina lo conosce a memoria, battuta per battuta. Vacanze di Natale compie trent’anni.

Carlo Vanzina, la sua è una famiglia di frequentatori abituali di Cortina. Da chi o da cosa nacque l’idea di girare un film nel vostro luogo di villeggiatura?

«Avevo presentato a febbraio Sapore di mare, che raccontava un’estate degli anni Sessanta a Forte dei Marmi. Il film ebbe un grande successo. Nella serata della prima c’era Aurelio de Laurentiis, un amico d’infanzia. Era entusiasta. Mi disse di andarlo a trovare il giorno dopo nel suo ufficio, emi propose di fare un film di Natale ambientato a Cortina d’Ampezzo. Per me era una cuccagna: ci venivo in vacanza da quando ero nato, vi avevo passato periodi interi della mia vita, la amavo come la amo oggi. Nella Conca era stato girato un film per noi mitico, Vacanze d’inverno, 1959, con il nostro idolo Alberto Sordi che scendeva per la Col Drusciè A».

Ci sono riferimenti autobiografici in Vacanze di Natale?

«Altrochè. Ne è pieno. Inzuppato, direi. Per esempio, il personaggio interpretato da Jerry Calà, Billo, che sta simpatico un po’ a tutti e va a letto con le mogli dei ricchi villeggianti, altri non era che il mitico pianista del King’s Club di Verocai, Gianni De Sabbata. Ma la lista è lunga, ci infilammo tutta una serie di personaggi a noi noti ai tempi. Mascherandoli, ovviamente, ma non troppo. Tra l’altro, il primo soggetto che mi è mai venuto in mente era ambientato a Cortina. Nel 1966 avevo visto Arrivano i russi, una commedia americana che raccontava di un sottomarino sovietico che si spingeva per caso fino alle coste del Massachusetts, seminando il panico nella popolazione. Pensai a una storia in cui il PCI andava al potere in Italia. E i villeggianti cortinesi, terrorizzati dall’arrivo del comunismo, salivano in massa sul treno a Calalzo per fuggire in Svizzera».

I suoi film sono un racconto di parvenu che si scavalcano reciprocamente. Proprio quei turisti molto benestanti che in Vacanze di Natale danno del cafone agli abitanti di «Torpigna» non erano meno cafoni e volgari dei popolani. Cosa sono stati gli anni Ottanta per le élite italiane in vacanza?

«Prima degli anni Ottanta Cortina era un posto di principi e regine. Ai tempi di Vacanze di Natale cominciarono ad affacciarsi tra le Dolomiti personaggi che con Cortina non c’entravano niente, che magari neanche ci sciavano o ci facevano una passeggiata, ma che erano lì solo per un fatto di status symbol. Per poter dire: sono stato a casa del conte Nuvoletti, o di Ira von Fürstenberg. In quel periodo prevalevano i romani. Adesso secondo me la presenza di Roma si è lievemente attenuata, e Cortina da una parte accoglie di più il turismo internazionale, soprattutto russo, dall’altra dai primi anni Novanta è diventata un simbolo per un certo hinterland veneto che è cresciuto in tempi recenti, di nouveau riches senza pedigree, che sta diventando la nuova classe dirigente».

Ha parlato della Cortina anni Sessanta o Settanta. Chi vorrebbe recuperare la bellezza un po’ distaccata di quegli anni è destinato ad avere successo?

«La ventata dell’apparire è un po’ passata, e anche io mi auguro che ritornino quegli anni, ma è come voler cercare di fermare le lancette dell’orologio. I tempi cambiano, non solo a Cortina. Arriva un principe arabo e noleggia un cinema intero, o un piano di un albergo. Non c’è solo la tradizione, io sono per un modernismo elegante, costruttivo, per aumentare i servizi offerti, le infrastrutture, per stare al passo della concorrenza dell’Alto Adige. Ma anche di Aspen o Vail, per pensare al mondo internazionale».

Le Vacanze di Natale 2013 continuerà a passarle a Cortina?

«Certo. La amo sempre allo stesso modo. D’estate, ma soprattutto d’inverno».

Si risente quando definiscono i suoi film cinepanettoni?

«Cinepanettone è un’invenzione giornalistica, non nostra. E’ un’etichetta che mi dà un po’ fastidio, perché fa sembrare il film un prodotto da mangiare. E poi non tutti i film che chiamano cinepanettoni sono uguali. I nostri erano delle osservazioni di costume, mentre molti dei film di Natale successivi sono stati più farseschi, facili».

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