28 agosto 2018 - 08:45

I social scoprono grotte e laghetti veneti, i sindaci vanno nel panico

Assalti nel Bellunese. «Cafoni e problemi di sicurezza»

di Moreno Gioli

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BELLUNO Questa storia nasce da un post su Facebook e, come altre, racconta molto del potere dei social network. Il 19 luglio 2017 il governatore del Veneto Luca Zaia condivide sul suo profilo alcune immagini della Grotta Azzurra, misconosciuto gioiello della natura non lontano dal castello di Zumelle, a Mel, in Valbelluna. E così come si moltiplicano i like, in pochi mesi aumentano a dismisura i turisti, alla Grotta Azzurra ma anche ai vicini Brent de l’Art, spettacolare canyon a pochi minuti dall’abitato di Sant’Antonio Tortal, sulla strada che dal Passo San Boldo scende a Trichiana. Una crescita esponenziale di visitatori che se da un lato rappresenta una manna dal punto di vista promozionale, dall’altro sta creando non pochi grattacapi ai sindaci dei due comuni della Sinistra Piave. Anche sul fronte della sicurezza, argomento tornato d’attualità con la tragedia del Pollino e i dieci escursionisti inghiottiti dalle acque improvvisamente imbizzarrite del torrente Raganello.

La Grotta azzurra nel Bellunese
La Grotta azzurra nel Bellunese

L’allarme

L’allarme lo ha lanciato pochi giorni fa Fiorenza Da Canal, primo cittadino di Trichiana: «I Brent de l’Art sono simili alle gole del Pollino. Se arriva un acquazzone, nel giro di pochi minuti l’acqua può salire di due metri». Il problema è sempre quello, già visto sulle Dolomiti, dei turisti troppo spesso mal equipaggiati: «I visitatori devono avere buon senso e responsabilità – continua Da Canal – perché anche se può sembrare un luogo accessibile, qui siamo in montagna e ci sono delle cose da tener presente. A cominciare dal meteo, che può cambiare velocemente». Da Canal e il suo collega Stefano Cesa, sindaco di Mel, territorio nel quale si trova la Grotta Azzurra, hanno già investito parecchie risorse nella sistemazione dei luoghi, degli accessi e nell’informazione agli utenti. I due Comuni hanno emesso ordinanze che indicano i comportamenti da tenere. A breve sarà online anche una pagina Facebook condivisa, per promuovere i due siti e allertare i turisti sui rischi potenziali: «È stato uno dei suggerimenti che ci ha dato il Soccorso Alpino nella riunione che abbiamo avuto con loro venerdì scorso – spiega Cesa – per sfruttare al meglio la potenza – che abbiamo già sperimentato – dei social». Per capire come muoversi, ieri Cesa e Da Canal hanno incontrato il prefetto di Belluno, Vincenzo Esposito: «Ci sono vari aspetti da tenere in considerazione – spiega Da Canal - a cominciare dalla mancanza di copertura telefonica in quelle zone. Il prefetto ci ha però assicurato di darci una mano nell’interessare alla cosa le compagnie telefoniche».

L’estate cafona in Veneto, dalle Dolomiti alla Laguna
Estate cafona a Venezia

Il turismo cafone

Ma non è solo una questione di sicurezza: anche in Valbelluna, infatti, sta prendendo piede il turismo cafone: «La situazione sta un po’ sfuggendo di mano – commentano i due primi cittadini – tra chi non rispetta la proprietà altrui, chi parcheggia selvaggiamente, chi deturpa l’ambiente. Stiamo cercando di intervenire». Le soluzioni saranno studiate ad un tavolo, che verrà convocato in Prefettura in autunno. Soluzioni sono allo studio anche per il laghetto color smeraldo del Sorapiss, vittima più famosa del turismo maleducato (maretta c’è pure nel Vicentino, alla Pria). Il sindaco Giampietro Ghedina di Cortina non fa drammi ma cerca la via della concretezza: «Forse il fenomeno è un po’ gonfiato, in fin dei conti parliamo di poche decine di turisti concentrati in una decina di giorni. Però il problema esiste».

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