31 ottobre 2018 - 15:38

Guerra e pace, sulle tracce della memoria a cento anni dall’Armistizio

Il Piave e la sua isola, Villa Giusti e la firma, le battaglie finali, le strategie e la diplomazia: luoghi segnati dal sangue e dal coraggio. Le tappe, che cosa vedere, dove andare

di Antonino Padovese

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B attaglia del Solstizio, Vittorio Veneto, San Pelagio, Villa Giusti. Sono i luoghi in cui si sono decise le sorti della Grande Guerra, di cui terminano quest’anno le celebrazioni del Centenario. Dopo aver ricordato nel 1917 la disfatta di Caporetto, oggi Kobarid, graziosa cittadina slovena vocata allo sport, nel 2018 si ricordano gli avvenimenti dell’ultimo anno della guerra. Con due province protagoniste, Treviso e Padova, e con un ruolo importante per Vicenza e Venezia. La Prima guerra mondiale si decise sulla linea del Piave, il fiume che, come ricorda Alessandro Marzo Magno in un suo libro, si era sempre declinato al femminile. Si dice «la Piave». Furono poi D’Annunzio e il testo della Canzone del Piave («Il Piave mormorò: non passa lo straniero») a cambiarne il genere.

Il cippo che indica la nascita del Piave
Il cippo che indica la nascita del Piave

I paesi del Piave

Il fiume Piave nasce sul monte Peralba. Lo ricorda un cippo e una bandiera tricolore che sventola orgogliosa al temine di una strada che parte da una delle frazioni di Sappada. Il 17 dicembre 2017, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, le sorgenti del Piave, assieme a Sappada, sono passate alle provincia di Udine e alla regione Friuli Venezia Giulia. Lungo il corso del fiume, incontriamo in provincia di Treviso paesi a cui, dopo la guerra, sono state aggiunte le parole «della Battaglia». Così Nervesa è diventata Nervesa della Battaglia e la stessa cosa è successa a Moriago. Questi paesi, fra Valdobbiadene e il Montello, guardano alle colline dove viene prodotto il Prosecco Docg. È coltivata a vigneto anche un’isola sul Piave che nel 1918 ha rappresentato un cuscinetto tra il fronte italiano e quello austroungarico. Sono le Grave di Papadopoli, in cui il nome ricorda il terremo ghiaioso e la famiglia nobile veneziana che ne era la proprietaria. Qui, dove molti arrivano seguendo itinerari escursionistici, le cronache di 100 anni fa ci ricordano che il Piave si colorava di rosso del sangue dei soldati uccisi in battaglia. Sono le battaglie sul Piave, di cui la seconda e la terza sono quelle che hanno deciso la guerra: quella del Solstizio in giugno e quella di Vittorio Veneto in ottobre.

Vittorio Veneto

Se la zona del Montello è frequentata dai ciclisti, che nel weekend percorrono le cosiddette «prese», le strade che partono da un fianco e continuano in quello successivo, Vittorio Veneto è una tappa obbligata degli itinerari d’Altamarca. È l’unione di una città di origine celtica, Ceneda, e di una romana, Serravalle, unite dal viale della Vittoria. Il nome Vittorio è un omaggio a Vittorio Emanuele II primo re d’Italia mentre la parola Veneto gli fu aggiunta nel 1923 accompagnata dal titolo di città. Da vedere la cattedrale a Ceneda, il centro storico e l’orologio di Serravalle. Il Grappa, che nella battaglia del Solstizio era difeso dalla Quarta armata del generale Giardino, oggi è conosciuto a livello europeo per il volo libero, con centinaia di appassionati pronti a lanciarsi con deltaplano e parapendio.

Padova

Nell’ultima parte della guerra Padova fu il centro strategico del conflitto. Dal castello di San Pelagio partì il volo di D’Annunzio e per Vienna e nel paese della Bassa Padovana c’è un interessante museo del volo. Nella Villa Lispida di Monselice, oggi cantina e luogo conosciuto per i banchetti di nozze, nel 1918 dimorava il re. Alla Mandria, frazione a sud di Padova, fu firmato l’armistizio fra Italia e Austria. Il bollettino del generale Armando Diaz, capo di stato maggiore dell’esercito, fu invece scritto nella stanza 110 dell’albergo Trieste di Abano, l’hotel oggi della famiglia Borile che è conosciuto con il nome «Trieste e Vittoria». Qui aveva sede il comando supremo. In provincia di Padova c’è il Castello del Catajo dove andava a caccia l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, il cui assassinio quattro anni prima aveva fatto scoppiare la guerra. A Villa Giusti oggi è visitabile la Sala dell’Armistizio, lasciata così com’era nel 1918.

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