28 giugno 2018 - 09:14

Obbligavano ragazzine a prostituirsi. Chiusa l’inchiesta sulla gang dell’Alta padovana

L’indagine è durata 12 anni. Sei uomini, italiani e stranieri, rischiano il processo

di Roberta Polese

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PADOVA È stato difficile ricostruire anni di violenze fisiche e psicologiche, di persecuzioni, di schiavitù. Ha impiegato ben 12 anni ad approdare in un’aula giudiziaria una tra le più feroci organizzazioni criminali che nel 2006 ha sfruttato la prostituzione di giovani donne anche minorenni giunte dall’Est con il miraggio di un lavoro sicuro e di una vita migliore, e invece costrette su una strada o in un appartamento a vendersi a clienti senza scrupoli.

Lo sfruttamento

Il pm Giorgio Falcone ha chiuso l’inchiesta su sei uomini, imputati per sfruttamento della prostituzione. Le vittime sono almeno una ventina di ragazze. L’inchiesta era stata coordinata a più riprese dai carabinieri dell’Alta padovana, dove le ragazze venivano sfruttate. Negli anni sono state raccolte le testimonianze delle vittime, spaventate e reticenti a raccontare la loro schiavitù, talvolta terrorizzate dai loro aguzzini, dei quali temevano la vendetta. Ora Zweta Berzza, Giuseppe Pretto, Sorin Gura Mare, Dorin Ionel Popa, Mihaita Detesan e Costica Palade, alcuni dei quali già gravati da precedenti penali, dovranno difendersi dalla pesante accusa di aver arruolato giovanissime connazionali e di averle costrette in appartamenti o nelle strade, obbligandole a vendersi anche sotto la minaccia di botte. Almeno una decina, tra le ragazze che davanti ai carabinieri hanno ammesso di essere state sfruttate dalla banda, erano minorenni nel 2006. Ora sono cresciute, molte di loro, dopo aver rischiato la vita in balia dei sei presunti aguzzini, sono riuscite ad uscire dal giro della prostituzione e a rifarsi una vita.

Le vittime

Le giovani donne venivano costrette con la forza a ricevere i clienti in appartamenti in cui abitavano anche gli imputati che le controllavano a vista. Per loro non era possibile uscire senza un accompagnatore e non potevano nemmeno parlare tra di loro. Segregate, le vittime erano obbligate al silenzio. Ogni ora del giorno era scandita da ritmi precisi, fino a sera, quando i componenti della banda le accompagnavano sulla strada o le lasciavano sole in casa con clienti che loro stessi procacciavano. Alla fine dei turni, secondo quanto ricostruito, le giovani dovevano lasciare alla banda il denaro, che serviva per pagare l’affitto degli appartamenti e ad arricchire le tasche degli sfruttatori. Le case a luci rosse erano sparse in tutta l’Alta padovana ma non solo. Sorin Gura Mare, per esempio gestiva le ragazze in una casa a Selvazzano Dentro e una a Padova. Giuseppe Pretto ospitava le giovani donne in un appartamento a Tremignon di Piazzola sul Brenta, di notte le portava a vendersi sulle strade, aspettava che finissero i turni di lavoro e a tarda notte le accompagnava a casa.

Le denunce

La holding del sesso a pagamento non conosceva festivi o pause. I carabinieri hanno impiegato mesi per individuare i capi. Insospettiti dalla massiccia presenza di giovani donne sia lungo le principali arterie di collegamento tra i paesi, che negli annunci sui giornali, hanno iniziato a parlare con le ragazze. Ma le vittime erano restie a raccontare i dettagli di quella vita da schiave, perché temevano ripercussioni da parte dei loro (presunti) aguzzini. Ci sono voluti anni per rintracciarle e mettere a verbale le accuse che ora sono finite sulla chiusura delle indagini del pubblico ministero. Ora c’è poco meno di un mese per presentare la memoria difensiva, e poi i sei rischiano di finire a processo davanti alla corte d’Assise. Purtroppo non è la prima volta che nel Padovano opera una banda di sfruttatori: lo scorso dicembre sono arrivate condanne fino a 47 anni per sei romeni coinvolti in un traffico di donne, sempre nell’Alta. Sanzioni pesanti che però non sembrano arginare il fenomeno.

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