22 settembre 2018 - 09:09

Treviso: viaggio nel paese «scomunicato» da don Paolo: «I leghisti non sono cristiani»

Il sindaco di Santa Lucia di Piave: «Come Peppone e don Camillo, ma io non voglio litigare»

di Emilio Randon

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SANTA LUCIA DI PIAVE (TREVISO) Don Paolo, 46 anni, è un prete rock, guida la moto e gira in Bmw (modello 2005). Prete senza perpetua (ha la segretaria), è dotato di e-mail e pagina Facebook (frase preferita: «Tutte quelle di O.J. Simpson»), rasato fino a ieri oggi porta la barba (corta e ben curata), abitualmente veste in clergyman e in testa, quando può, si cala un zuccotto. È un prete moderno ma con la stoffa dura del saio. Insomma può sorprendere. La barba intanto: se le donne cambiano pettinatura quando cambiano uomo, cosa cova un prete che se la fa crescere? Già fatto, tutto avvenuto scritto e stampato sul bollettino parrocchiale «Insieme» dalle cui pagine don Paolo Cester, parroco di Santa Lucia di Piave, ha «scomunicato» gli elettori di Salvini. Tecnicamente toccherebbe al Papa, ma quanto a desideri ogni sacerdote può portarsi avanti con il lavoro. E lui lo ha fatto.

L’accusa

«Non sono cristiani questi sedicenti cattolici che riempiono le statistiche (si riferisce a un sondaggio del quotidiano Libero che stima nell’85% i cattolici a favore del ministro degli Interni, ndr.), mandano i figli al catechismo e chiedono – tutti – funerali cristiani ma non entrano in chiesa e scoprono dopo anni – a volte tanti anni – che il loro parroco è cambiato. Costoro non sono cattolici, dire sono cattolico ma non sono disposto ad accogliere i disperati è una contraddizione assoluta. Equivale a dire: sono cristiano ma non credo nella resurrezione, è come dire: sono interista ma spero che vinca la Juve».

Come in un film

Il giorno dopo il paese è andato in coma vigile, tramortito e senza parole: con il sole a picco di questo strano settembre vi potevano girare «Mezzogiorno di fuoco» o «Il buono, il brutto e il cattivo», con don Paolo nella parte del buono e il sindaco Riccardo Szumski a fare gli altri due. Non che Santa Lucia di Piave (9.400 abitanti, un decimo fatto da extracomunitari, benessere diffuso, povertà scarsa) sia diversa da qualsiasi altro insediamento della Pedemontana; qui le etnie politiche si spartiscono il territorio come altrove, gialli, rossi e verdi convivono nelle stesse proporzioni, quest’ultima sempre più ingombrante è vero ma non è una esclusività di Santa Lucia. La novità è che a Santa Lucia di Piave l’indicibile è stato detto – sine Ecclesia nulla salus e voi salviniani siete fuori - qui la brace che covava sotto la cenere ha preso fuoco e il conflitto tra chiesa e Lega è esploso come non si è visto da nessuna altra parte. Già sindaco e prete si guardavano in cagnesco dai due lati della piazza sulla quale entrambi hanno negozio, l’uno la canonica e l’altro lo studio medico (il sindaco fa anche il medico), in mezzo, un po’ scostata, c’è la statua in bronzo del Beato Fra’ Claudio che assiste impassibile. Finora era andata così: il medico riceveva i pazienti e, già che c’era, si prendeva cura anche della loro coscienza politica (i mutuati sono circa 1500 mutuati, le preferenze 2495), il secondo aveva in carico le anime. Con qualche sovrapposizione e alterne fortune – in fondo il popolo è lo stesso - ma nella reciproca sopportazione. Tutto ciò fino all’anatema di don Paolo, dopo di che le cose si sono parecchio complicate.

Don Camillo e Peppone

«Sembra di essere a Brescello con don Camillo e sor Peppone a parti invertite – dice il sindaco nel suo ufficio comunale, in bermuda, un tipo tosto anche lui – io che faccio il conservatore, lui a fare il progressista, ma così non dovrebbe essere, entrambi abbiamo il compito di convincere le persone nel dialogo, non litigando». Riccardo Szmuski è un venetista oltranzista, neanche Zaia è riuscito a fermarne la rielezione («battezza», o meglio registra i neonati donando loro una bandiera con il leone di San Marco e un certificato trilingue di pura veneticità, la prima in dialetto), e nemmeno il prete è farina per ostie, oltranzista anche lui, a modo suo, lui sta con papa Francesco e, in fondo non ha fatto altro che portare a conseguenza ciò che il Santo padre ripete da sempre: che cioé non si può negare l’accoglienza a chi la chiede, è un obbligo cristiano, non si respinge il migrante, è un figlio di Dio. «Chi non lo fa non è cristiano» ha concluso don Paolo, come gli «interisti che tifano Juve» e tutti gli altri, conniventi, ignavi o complici che, pur senza darsi personalmente da fare per cacciare i migranti, stanno a guardare e votano Salvini.

I compaesani

«Se ha detto questo, io che non sono mai andata in chiesa, ci vado di corsa per la prima volta e con entusiasmo» sbotta un’insegnante in pausa di mezzogiorno, ceto colto e riflessivo, col tempo pieno e poca voglia di parlare. «Consideri che sono di Conegliano - si scusa – quindi non c’entro». Non c’entra, però viene fuori che è una parente del sindaco. La famiglia è grande, il paese è piccolo e l’argomento è delicato. Magari c’entra il signore del tavolo accanto, ma è il bibliotecario e pur sempre un dipendente comunale. «Tra sindaco e il prete correva una vecchia ruggine da quando Szumski ha preteso l’Imu su certe pertinenze dell’ex parrocchia di Sarano dove don Paolo ospita una decina di extracomunitari. A quanto ne so non se ne è fatto niente. Ma per quanto riguarda l’argomento sui cristiani finti e i cristiani, no, in biblioteca non se ne parla». Paese piccolo, fronte mobile e cangiante, anzi nemmeno si sa dove sia il fronte tanto gli avversari sono mescolati, arruolati come sono su entrambi gli schieramenti. E non si presti troppa attenzione alla valanga di insulti che don Paolo si è preso sul web, la frattura attraversa le coscienze di ognuno e interroga tutti qui a Santa Lucia, chi più chi meno, coloro che bazzicano il lato della piazza dove c’è l’ambulatorio di questo strano sindaco-medico dai riti un po’ pagani e chi frequenta l’altro e va a messa, in fondo si tratta della stessa gente. «Ma poi, che c’è di strano in quel che dice don Paolo? - chiede Riccardo Sossai che di Szumski fu avversario nelle elezioni del 2017 - strano sarebbe che sostenesse il contrario, nel qual caso dovrebbe spretarsi». Don Paolo in questi giorni è irrintracciabile. Problemi personali. Per questo gli auguriamo di rimettersi presto.

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