2 marzo 2019 - 11:45

Treviso, proteste della comunità ebraica: Benetton rimuove l’opera che ricorda Auschwitz

L’installazione dell’artista bresciano Sarenco apriva la nuova mostra alla Galleria delle Prigioni di treviso. La decisione della Fondazione è arrivata dopo la rabbia del medico Brauner

di Silvia Madiotto

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TREVISO Si sa che l’arte scatena reazioni, emotive ed estetiche, molto differenti fra persona e persona. A qualcuno, l’installazione che apre la nuova mostra alla Galleria delle Prigioni di Treviso non è piaciuta al punto da chiederne la rimozione: il richiamo all’ingresso del campo di concentramento di Auschwitz, opera d’arte dell’artista e poeta bresciano Sarenco, ha sollevato la rabbia del principale esponente della comunità ebraica della Marca, il medico legale Ilan Brauner, che si è infuriato per la poca delicatezza nel richiamare uno dei momenti più drammatici della storia, in particolare alla luce degli episodi di antisemitismo e razzismo degli ultimi mesi. E così gli organizzatori, a tre mesi dall’inaugurazione, si vedono costretti a togliere uno dei pezzi principali della mostra, che in altre sedi mai aveva sollevato tali severe reprimende.

Sarenco, «Gedicht macht frei» alle Gallerie delle Prigioni di Treviso (foto: Marco Pavan)
Sarenco, «Gedicht macht frei» alle Gallerie delle Prigioni di Treviso (foto: Marco Pavan)

«La poesia rende liberi»

Un gesto di grande rispetto da parte di Fondazione Benetton e di disponibilità al dialogo, per non offendere le sensibilità che si sono sentite urtate. Si tratta dell’opera «Gedicht macht frei» («La poesia rende liberi») che apre la mostra «Dalla poesia visiva al meme. Poetic Boom Boom» negli spazi recentemente restaurati da Luciano Benetton e Tobia Scarpa in piazza Duomo e diventati uno dei più innovativi e vitali snodi culturali della provincia, ospitando esposizioni di artisti da tutto il mondo e la collezione “Imago Mundi” di Luciano Benetton. La scelta per l’opera d’ingresso è stata volutamente forte, essendo l’edificio centrale l’ex carcere asburgico, «che sembra voler dire a noi e a Wittengstein che i limiti del nostro linguaggio non dovrebbero essere i limiti del nostro mondo», come spiegano i curatori nel sito della Galleria. Ma qualcuno non ha gradito l’accostamento trovandolo eccessivo e offensivo.

L’opera di Sarenco

L’opera è molto nota ed è stata realizzata da Sarenco (fondatore delle riviste Lotta Poetica e Poesia Visiva) nel 2002 proprio per ribaltare il senso del più noto portale simbolo della Shoah e delle persecuzioni al popolo ebraico, per essere trasformata in un manifesto di poesia assegnando un nuovo significato alla parola e all’oggetto. La mostra alla Galleria delle Prigioni rimarrà visitabile fino al 7 aprile.

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