5 giugno 2018 - 16:50

Treviso, un Conte leghista spinto dal vento sfida il sindaco Pd

L’uscente Giovanni Manildo deve difendersi dal ritorno del centrodestra (e di Gentilini) che cacciò 5 anni fa. I Cinque Stelle e «l’altra sinistra» ago della bilancia

di Sara D’Ascenzo

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Il vento fa il suo giro. Cinque anni fa l’avvocato trevigiano del Pd Giovanni Manildo, all’epoca 43enne, boy scout, alpino da tempi non sospetti, padre di tre figli, si prendeva con la forza di Kung Fu Pandaquella Treviso simbolo per vent’anni del potere della Lega, col boss indiscusso Giancarlo Gentilini,icona del leghismo casa per casa (e frase a effetto su frase a effetto) costretto a chinare la testa di fronte allo spettacolo di un nugolo di ragazzi che la notte della vittoria del centrosinistra intonavano saltando Bella ciao sotto la statua della Teresona, fino ad allora simbolo leghista. Cinque anni dopo il vento fa il suo giro e Manildo - sostenuto sempre dal Pd e da quattro liste civiche - è costretto a difendersi. Dall’altra parte c’è ancora lui, quel Genty che fino a pochi mesi fa pareva essere stato accantonato e che invece, dopo un lungo e faticoso accordo (non senza qualche malumore) guida la lista Zaia-Gentilini a sostegno di Mario Conte, geometra 38enne, capogruppo uscente della Lega Nord in consiglio comunale e candidato del centrodestra unito, con Forza Italia, Fratelli d’Italia, tre civiche e la lista Quartieri al centro col simbolo del vecchio scudo crociato.

Gentilini

«Io dico credere, obbedire, combattere, come diceva lui (Mussolini, ndr). Ma anche vincere. Perché l’importante è vincere e lui se l’era dimenticato», diceva ieri proprio sotto la Teresona Genty, novello sposo di 88 anni, ai tanti che lo avvicinavano a un immancabile gazebo della Lega. Il vento che spira e fa il suo giro piace a Conte, che ieri gonfiava i pettorali ricevendo ai Trecento Giorgia Meloni, salita da Roma per il sostegno al candidato leghista: «Saluto il Conte di centrodestra», scherzava - ma mica tanto - la leader di Fratelli d’Italia. Quel vento governativo frutto dell’accordo penta-leghista che Conte spera lo sospinga fino alla vittoria, e che non ha imbarazzi a spiegare alla gente: «L’alleanza di Roma è stata capita come un atto di responsabilità - dice -. Dovesse esserci un ballottaggio non credo agli apparentamenti, ma penso che il nostro progetto possa convincere parte della base grillina anche qui».

Manildo

Per Manildo, invece, quel vento «è un tornare indietro, ma ci spinge a fare meglio, è stimolante. Si scrive Conte, ma si legge Gentilini, Zaia, Gobbo. Anche su Fondazione Cassamarca la posizione di Conte mi pare abbastanza blindata». Eh sì, perché all’ombra del Palazzo dei Trecento - lo stesso da cui il ragionier Bisigato-Gastone Moschin minacciava di buttarsi per amore in Signore & Signori di Pietro Germi - negli ultimi giorni di campagna elettorale il tema dell’ex forziere della città, ormai svuotato ma guidato saldamente ancora dal presidente Dino De Poli e da Gobbo come vice, ha infatti infiammato il dibattito tra candidati. Non solo Conte e Manildo, però.

Sei in corsa

Perché la sfida per Ca’ Sugana è una corsa a sei. A sgomitare ci sono anche Said Chaibi, 28 anni, cinque anni fa il simbolo della vittoria del centrosinistra unito e ora il simbolo che quel centrosinistra si è disintegrato, alla guida di Coalizione Civica; Maristella Caldato, 52 anni, ex spina nel fianco del Pd, ora in corsa con Treviso Unica; Domenico Losappio, 37 anni, professore, candidato del Movimento Cinque Stelle; e infine Carla Condurso, candidata del Popolo della Famiglia. Una corsa che vede in campo 499 candidati al consiglio comunale per 32 posti e che si sta giocando sui temi divenuti capitoli dell’epopea della campagna elettorale: la sicurezza, i quartieri, la mobilità, i negozi che chiudono, la pedonalizzazione del centro, gli aiuti alle famiglie. Se cinque anni fa Manildo aveva vinto irrompendo con la sua forza placida e la maglia Super M (Manildo), lasciando dietro di sé l’immagine del supereroe normale che può farcela, oggi ha giocato lo slogan del «secondo tempo» per finire la partita: «In cinque anni Treviso è cambiata, si è aperta, è stata riconosciuta al di fuori delle mura cittadine per la sua bellezza e cultura - dice il sindaco - il secondo tempo ci serve per completare la realizzazione di una città più viva, solidale, accessibile, verde, il restauro dell’edilizia residenziale pubblica, un nuovo campus universitario, il progetto della smart city, già partito, con una nuova illuminazione per tutta la città, la predisposizione per il wi-fi, nuove telecamere, nuove piste ciclabili».

Mario Conte

La visione di Mario Conte è un’altra: «Treviso ha bisogno di un sindaco che stia in mezzo alla gente tutto il mandato e non solo l’ultimo mese, un sindaco meno ideologico. Manildo è stato molto lontano dalle esigenze dei cittadini, dalle periferie e dai quartieri. Mi piacerebbe una metropolitana di superficie dall’aeroporto al centro storico per alleggerire il carico di traffico e un assessorato all’Ambiente che cambi veramente la qualità ambientale, con più trasporto pubblico, nuovi alberi. E poi una città più accessibile». Gli altri inseguono. Losappio quasi attaccando più Conte che Manildo: «Sarà pure un uomo nuovo, ma ha Gentilini e Gobbo dietro, che sono il simbolo dell’Appiani, che ha svuotato la città e della cementificazione del territorio. Manildo per certi versi lascia una città migliore di quella che aveva ereditato, ma si sono perse delle occasioni, come la pedonalizzazione del centro, che è partita dal punto d’arrivo, senza sviluppare politiche propedeutiche. Servono incentivi per tenere il traffico fuori dalle mura. I nostri punti di forza sono il rafforzamento delle reti sociali e solidali, e rendere “svantaggioso” l’uso dei propri mezzi». Chaibi all’attacco di tutti: «Manildo ha preferito andare verso la destra e ci ha escluso. Ma con la Lega non parleremo mai». E le due donne? Caldato si toglie mille sassolini: «Manildo non ha rispettato il programma elettorale. Non ha portato il piano degli interventi in consiglio comunale». Condurso non si smentisce: «Non ce l’abbiamo coi gay - dice - ma noi puntiamo sui figli».

(1-continua)

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