28 settembre 2018 - 09:19

Padova, migranti: indagati un prefetto e due vice. Blitz dei carabinieri a Padova e Venezia

Nuova inchiesta, i funzionari nel mirino sono Sallusto (oggi a Bologna), Cusumano (a Bolzano) e Spatuzza

di Andrea Priante (ha collaborato Gloria Bertasi)

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VENEZIA Svolta nelle inchieste sui (presunti) favori a Ecofficina, la coop pigliatutto che gestisce alcuni dei più importanti hub per l’accoglienza dei migranti in Veneto. Ieri i carabinieri di Padova hanno acquisito documenti nelle prefetture di Venezia e della città del Santo. Bocche cucite da parte degli inquirenti ma, stando alle indiscrezioni trapelate fino a questo momento, gli investigatori avrebbero chiesto le relazioni e tutto il materiale relativo agli appalti tra il 2015 e il 2016. Nei registri degli indagati delle due procure sono finiti nomi di primo piano: un (attuale) prefetto e due viceprefetti.

Il fronte padovano

Sul fronte padovano, il sostituto procuratore Sergio Dini ha aperto un nuovo filone investigativo scaturito dalla maxi-inchiesta chiusa il mese scorso e che avanzava ipotesi di reato che vanno dalla frode nelle pubbliche forniture fino alla truffa. Ma se in quella prima fase erano finiti sotto accusa i vertici di Ecofficina (oggi Edeco), l’ex viceprefetto di Padova Pasquale Aversa, e la funzionaria Tiziana Quintario, la nuova indagine punta dritto su un altro viceprefetto dell’epoca: Alessandro Sallusto, dall’estate del 2016 trasferito a Bologna, in quella stessa prefettura dove nel frattempo hanno trovato posto anche la stessa Quintario e l’allora prefetto di Padova, Patrizia Impresa, la quale non è indagata pur essendo finita al centro delle polemiche per un’intercettazione nella quale diceva a Pasquale Aversa che «anche se dobbiamo fare schifezze Pasqua’... noi ci dobbiamo salvare».

I reati

Nei confronti di Sallusto si ipotizza il reato di rivelazione di segreto d’ufficio e in queste ore sarebbe stato raggiunto da un avviso di garanzia. Il sospetto della procura è che anche lui avrebbe trovato il modo di favorire Ecofficina, rivelando notizie relative alle attività (anche ispettive) che riguardarono i centri di accoglienza allestiti nell’ex base militare di Bagnoli di Sopra e alla «Prandina» di Padova, entrambi gestiti dalla coop che ha sede a Battaglia Terme. Fatti che emergerebbero dalle migliaia di intercettazioni che costituiscono l’ossatura dell’indagine chiusa ad agosto.

Il fronte veneziano

Il fronte veneziano - che già a gennaio aveva visto indagati i vertici di Ecofficina - è coordinato dal procuratore aggiunto Adelchi d’Ippolito e seguito dalla sostituta Lucia D’Alessandro alla quale è stata affiancata poche settimane fa Federica Baccaglini, la stessa pm che – quand’era in servizio a Padova – aveva gestito la maxi-inchiesta sui migranti.L’indagine coinvolge l’allora viceprefetto di Venezia – oggi prefetto a Bolzano – Vito Cusumano e il viceprefetto Paola Spatuzza. Anche in questo caso i magistrati vogliono accertare se vi siano stati favoritismi nei confronti di Ecofficina che tuttora gestisce il più grande hub del Veneto: quello di Cona, già a centro di polemiche e rivolte per le pessime condizioni di vita al suo interno.

La difesa

Accuse, è bene ribadirlo, ancora tutte da dimostrare. In queste settimane si sono levate diverse voci a difesa degli indagati, tutte concordi nel ricondurre le frasi intercettate al clima di emergenza che le prefetture erano costrette a fronteggiare in quel periodo, quando in Veneto arrivavano centinaia di profughi ogni settimana. «Da qualche parte dovevamo metterle, quelle persone», si è sfogata il prefetto Patrizia Impresa in una recente intervista al Corriere del Veneto. «Dal governo centrale arrivavano continue pressioni per accoglierli. È lì che ho maturato il concetto della “solitudine dei prefetti”. Eravamo lasciati soli ad affrontare un fenomeno nuovo nella Storia del nostro Paese».

Il sindacato dei prefetti

Sulla vicenda è intervenuto anche Antonio Giannelli presidente del Sinpref, il sindacato dei prefetti, che ha ricordato come «gli anni a cui si riferisce l’indagine sono stati durissimi per tutti noi. Eravamo chiamati a gestire una perenne emergenza senza una strategia, senza alcuna indicazione su dove dislocare queste povere persone, con direttive confuse e contraddittorie. Agivamo per spirito di servizio».

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