26 febbraio 2019 - 09:18

Pedofilia, la Chiesa veneta si mobilita: «Un ufficio unico per le segnalazioni»

La Cei del Triveneto: «Presto il coordinamento». Preti, le reti di ascolto e prevenzione

di Stefano Bensa

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VENEZIANon c’è altro modo per curare una piaga che sta sconquassando la Chiesa, un «male» che rischia (anche) di compromettere l’immagine del Vaticano stesso: vigilare. E prevenire, sensibilizzando i parroci sui comportamenti più adeguati da tenere, persino per evitare rischiosi equivoci. Ma soprattutto denunciare, salvando eventuali vittime. Il termine «pedofilia», mai come in questi giorni sta condizionando la vita stessa dell’istituzione Chiesa dopo l’offensiva avviata da papa Francesco – culminata con la convocazione, a Roma, dei vertici delle Conferenze Episcopali – e la scelta di rendere pubbliche alcune drammatiche storie di abusi sessuali subiti da giovani e giovanissimi fedeli. Il monito del Pontefice («Concretezza, non parole scontate») è piombato a Nordest come uno sprone ad agire, e in fretta. Perché la Chiesa triveneta vuole trasmettere – assicura - un’immagine «di assoluta trasparenza».

Papa Francesco con una delle vittime del Provolo di Verona
Papa Francesco con una delle vittime del Provolo di Verona

L’ufficio regionale

Ed è così che, a breve, nascerà un ufficio unico chiamato a controllare e prendere in esame segnalazioni e denunce provenienti dal Triveneto. Mentre alcune Diocesi, come quella di Padova, hanno avviato progetti di formazione dei giovani parroci e attivato «servizi di informazione e di aiuto» (in sigla «Sinai», contattabile tramite l’email serviziosinai@gmail.com) allo scopo «di offrire uno spazio di ascolto, sostegno, prevenzione nelle situazioni di disagio personale o comunitario» per le conseguenze di comportamenti tenuti «da presbiteri, religiosi, diaconi e operatori pastorali in violazione dei doveri del proprio stato e del proprio ufficio, in ambito morale e nella gestione dei beni temporali». Sull’ufficio unico si comincerà a ragionare nei prossimi giorni, come conferma monsignor Giuseppe Pellegrini, segretario della Conferenza Episcopale Triveneta. «Dopo la conferenza di Roma, la Santa Sede ci ha consegnato un protocollo che prenderemo in esame con cura. Al momento ogni Diocesi agisce da sé, l’obiettivo è di organizzare un coordinamento. Nel nostro caso, appunto, Triveneto», dichiara il monsignore.

Il «Sinai» di Padova

«Sinai», invece, è attivo da quasi due anni a Padova ed è composto da specialisti: tra gli altri, psicoterapeuti ed esperti di diritto canonico, ecclesiastico, civile e penale. «Il servizio sta diventando uno strumento per curare il lavoro dei preti e degli operatori delle parrocchie, per proteggere chi è vittima del male, per proteggere da chi compie il male, per difendere dalle aggressioni mediatiche e per tutelare, eventualmente, anche la buona fama», spiega monsignor Giuliano Zatti, vicario generale della diocesi patavina, al settimanale La difesa del popolo. «Massima trasparenza» è anche la promessa del patriarcato di Venezia, peraltro alle prese, in queste settimane, con gli attacchi di un «corvo», che, con volantini affissi in città, accusa la Chiesa lagunare di occultare l’omosessualità di alcuni preti e i loro presunti abusi. Corvo contro il quale è già stata depositata denuncia per diffamazione.

I «casi» veronesi

La partita della credibilità, d’altro canto, va giocata fino in fondo. Anche perché il Veneto non è esente da episodi pesanti. Due i casi più clamorosi: quello di don Domenico Pezzini, ex docente all’università di Verona, e di don Nicola Corradi, sacerdote veronese in missione in Argentina. Don Pezzini, cinque anni fa, è stato condannato in via definitiva a dieci anni di carcere per gli abusi commessi nel Milanese su un ragazzino del Bangladesh. Don Corradi è stato arrestato nel 2016 in Sudamerica, con l’accusa, in concorso con altri nove, fra cui suore e funzionari scolastici, di stupro, abusi sessuali e corruzione di minori. Vittime, alunni sordomuti fra i 4 e i 17 anni: almeno 45 gli episodi contestati; più altri, emersi in seguito, ai danni di ragazzi seguiti dell’istituto per sordomuti Provolo di Verona, da cui il religioso dipendeva.

Gli altri casi

Un altro sacerdote veneto, Dino Cinel di Rossano, nel Vicentino, già espulso dalla Chiesa per pedofilia, lo scorso è stato ucciso in Colombia da un diciottenne, a quanto pare suo compagno: aveva 76 anni. Tuttora a processo (la prima udienza, a novembre, è saltata per difetto di notifica) è un altro prete, stavolta trevigiano. Don Federico De Bianchi, 43 anni, è stato accusato di aver molestato sessualmente alcuni giovani malati in ospedale; ha lasciato l’incarico di parroco di Santa Giustina e della Val Lapisina, a Vittorio Veneto, ed ha scelto di farsi giudicare. Quest’ultima vicenda ha spaccato la comunità di fedeli: don Federico è molto conosciuto anche per il suo attivismo sui social (che prosegue tuttora) e numerosissimi fedeli reputano infondate le accuse. Lo stesso vescovo, Corrado Pizziolo, ha confidato pubblicamente che la vicenda si chiuda in modo positivo.

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