23 ottobre 2018 - 15:16

Lega pigliatutto anche in Trentino
fra sovranismo e autonomismo

L’esito della consultazione elettorale in Trentino, cosa significa anche per il Veneto

di Alessandro Russello

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Un’onda. Verde. Travolgente nel Nord delle regioni ordinarie con la fame di speciali e delle speciali con l’incubo di ritrovarsi (chissà mai) un po’ più ordinarie. Un’onda di piena in Trentino e più di un riverbero in Alto Adige, dove al di là della storica supremazia politico-identitaria di una Svp comunque in calo, Salvini diventa il primo partito a Bolzano e quindi simbolo contro-identitario per la difesa dell’italianità. Un’onda – in queste elezioni nazionali e perfino «internazionali» vista la polemica sul doppio passaporto per la genìa italian-sudtirolese e lo stesso tunnel del Brennero - che colora di verde tutto il Nord-Nordest. Trentino, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia. Per ora. Perché l’occhio sovranista di Salvini è lungo e la sua gittata arriva al prossimo autunno, all’Emilia Romagna rimasta con la Toscana ultima roccaforte di un centrosinistra se non in ritirata rinchiuso in un fortino sempre più espugnabile. Perché confuso, litigioso, frammentato, senza stelle polari. Messo in fuorigioco da parole non più sue – migranti in testa – perfino al di là delle politiche strumentali di chi la parola migranti la brandisce anche dove i «foresti» non ci sono.

I sondaggi

Non c’era bisogno di sondaggi per sapere come sarebbe andata a finire. La domanda vera era e resta perché. Perché in un’area del Paese raccontata da qualsiasi report come la più coesa, con un super Pil, le maggiori risorse e la migliore qualità della vita, non è stato confermato il vecchio sistema di governo amplificando peraltro il voto politico del 4 marzo? La risposta – a suo modo semplice nella sua complessità – l’hanno data le valli trentine in uno dei viaggi elettorali compiuti da questo giornale. Corale e testuale: «Qui si sta bene ma vogliamo cambiare».

Gli interrogativi

Sindrome da paure preventive? Crisi di sistema in un sistema del quale tutti o quasi hanno fatto comunque parte? Virus della rottamazione per la rottamazione? Decisioni politiche impopolari? Certo, ad esempio il Comune di Cavalese, governato dal centrosinistra, ha votato in massa la Lega perché il «punto nascite» del suo piccolo ospedale era stato soppresso e il candidato Maurizio Fugatti ha promesso che lo riaprirà (anche contro l’evidenza secondo la quale nessun ospedale sotto casa è come quelli un po’ più distanti ma meglio attrezzati). Ma non può essere tutto qui se da De Gasperi siamo passati a Salvini attraverso il centrosinistra autonomista di Dellai e il Patt del governatore uscente Ugo Rossi, scartato dal Pd e ripresosi una rivincita che vale da sola il 12 per cento dei voti. Narrazione securitaria e migranti a parte, ognuno si prenderà le proprie responsabilità.

La data da ricordare

Ventuno ottobre 2018. Segniamoci la data perché traccerà un solco nella storia di questa terra. E non solo. Se in Trentino è caduto un «sistema», la sostituzione con un altro costringerà i vincitori a una doppia sfida. Governare meglio quella che qualcuno nei giorni scorsi ha definito a torto o ragione «l’ottava provincia del Veneto» prefigurando una sorta di «annessione» per la virtuosità della regione governata da Luca Zaia e armonizzare il nuovo corso con il resto del Paese. In sostanza, far coesistere il sovranismo di un Salvini che incassa consensi da Bolzano a Reggio Calabria e la gestione di tutta la partita autonomista che bolle e ribolle nelle regioni più ricche del Paese.

L’incognita Cinque Stelle

Con l’incognita dell’alleato Cinque Stelle, impegnato nella rivendicazione del reddito di cittadinanza e non certo a mettere in difficoltà le regioni del Sud che nel vortice delle istanze autonomiste - ragione sociale del Carroccio - rischiano solo di perderci. Ad ogni modo, se da una parte la Lega dovrà - come ha promesso - difendere l’autonomia trentina e altoatesina, esito di un patto costituzionale e internazionale, non potrà nella stessa partita settentrionale creare figli e figliastri. Quale autonomia concedere al Veneto di Zaia e alla Lombardia di Fontana, arrivate con rispettivi referendum votati da milioni di cittadini chiedere per prime forme altrettanto costituzionali di autogoverno?

Il destino dell’Emilia Romagna

E quale all’Emilia Romagna del Dem Stefano Bonaccini che potrebbe presto diventare da rossa a verde? E quale ancora, infine, alle regioni come Piemonte, Liguria e Toscana e perfino Puglia (il Nordest del Sud) che si stanno più o meno strumentalmente aggiungendo alla lista dei richiedenti? Un carico di responsabilità per il sovran-federalista Salvini, dietro a un successo travolgente, che nonostante la continua crescita di consenso nasconde alcune insidie visti tutti i «popoli» che dovrà accontentare. Vincere parlando di migranti è per molti aspetti facile, di «autonomia (e quindi soldi) per tutti» un pò meno.

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