29 agosto 2018 - 08:44

Caso Ecofficina e scandalo coop: «Via le mele marce». Bufera politica

Da Zaia al Pd, condanna unanime. E spunta una legge veneta contro i furbetti dell’accoglienza

di Marco Bonet

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VENEZIA «L’avevo detto». Dalla Lega al Movimento Cinque Stelle, passando per il Pd, non ce n’è uno che non esordisca così. Tutti sapevano, a quanto pare, e l’inchiesta avviata dalla procura di Padova sulla gestione dell’accoglienza targata Ecofficina-Edeco, col corollario delle presunte connivenze delle prefetture, non ha sorpreso nessuno. La falsificazione delle firme dei profughi, la prostituzione nelle camerate, i rischi di epidemia, il personale ridotto all’osso impegnato in programmi di integrazione inesistenti, tutto ciò che si ritrova nell‘informativa dei carabinieri raccontata dal Corriere del Veneto, per la politica veneta non fa che confermare quanto già si sospettava e cioè, per dirla con le parole del governatore Luca Zaia, che «il sistema faceva acqua da tutte le parti». Zaia dice di voler uscire dal caso specifico, «anche perché non conosco le carte», e però «è evidente che con 180 mila arrivi all’anno ed una gestione in perenne emergenza l’accoglienza non poteva funzionare». Ora sta alla magistratura «fare chiarezza fino in fondo e pulizia, eliminando le mele marce che, a quanto pare, non si annidano solo tra i migranti ma anche tra i membri della nostra comunità che quei migranti sono chiamati a gestirli. Fortuna vuole - aggiunge il governatore - che c’è un ministro dell’Interno che va esattamente in quella direzione». Si tratta di Matteo Salvini, «ministro indagato - secondo Zaia - per il solo fatto di aver fatto il ministro, in discontinuità con le politiche che ci hanno portato a distorsioni come quelle che commentiamo ora».

Nella Lega è il momento della rivincita: Fabrizio Boron, presidente della commissione Sanità, annuncia l’imminente approdo in consiglio regionale di un progetto di riforma, «che ha come obiettivo quello di colpire direttamente il mondo della falsa cooperazione, quel mondo descritto a tinte fosche dall’inchiesta. La galassia cooperativa rimane comunque sana ma le male marce devono essere messe in condizione di non nuocere ed eliminate». L’assessore regionale allo Sviluppo economico, Roberto Marcato, pretende le scuse nei confronti di «tutti quei cittadini e quei sindaci che con ogni sforzo si sono opposti all’apertura di hub nei loro territori. Diciamolo con chiarezza: avevano ragione loro. Altroché razzisti, come sono stati dipinti, i magistrati confermano che ci avevano visto giusto. Poi un giorno mi spiegheranno come sia possibile che i vertici di Edeco, già noti per le vicende del Consorzio di rifiuti Padova Tre, siano diventati gli interlocutori privilegiati delle prefetture». La risposta la dà Claudio Sinigaglia, padovano come Boron e Marcato, consigliere regionale del Pd: «Invece di mettersi medaglie, i leghisti farebbero bene a farsi un esame di coscienza perché se si è arrivati alla situazione drammatica da cui ora stanno scaturendo le indagini è anche per colpa dei loro sindaci, che dissero no, no e ancora no all’accoglienza diffusa.

È per questo che si sono dovuti creare gli hub, ingestibili per loro stessa natura, governati da cooperative controverse. Mi guardo bene dal difendere Borile, per carità (il patron di Ecofficina-Edeco, ndr.) ma ricordiamo quanto era esasperata la situazione all’epoca? Ora Salvini va in Europa a dire: l’Italia ha fatto la sua parte. Sì, l’Italia non leghista però. E mi chiedo: la Regione ha un assessorato ai Flussi migratori, dov’era la programmazione, dov’erano i controlli?». Di ispezioni, anche politico-istituzionali, ne sono state fatte ma, ricorda Massimiliano Barison di Fratelli d’Italia, «era netta sensazione che fosse tutta una messinscena e comunque i problemi erano evidenti, dal sovraffollamento alla promiscuità. Quelle persone non erano integrate ma parcheggiate». Chiude Jacopo Berti, capogruppo del Movimento Cinque Stelle: «Tre anni fa avevamo portato all’attenzione del Governo la situazione con un’interrogazione del senatore padovano Giovanni Endrizzi all’allora ministro Alfano, chiedendo di verificare se vi fossero possibili inadempimenti, sia da parte delle cooperative affidatarie del servizio di accoglienza sia da parte della prefettura che aveva diretto e gestito l’operazione. Sembra un’interrogazione scritta oggi, invece ha tre anni. Ed era azzeccata».

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