8 dicembre 2018 - 09:11

Decreto Dignità, difesa di Lega e M5s

Bitonci: «Dopo due anni, si sa se assumere». Raduzzi: «Nuovi incentivi all’assunzione in Senato»

di Martina Zambon

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VENEZIAL’effetto dell’applicazione del decreto Dignità? Un significativo aumento degli straordinari e l’addio ai contratti a termine. Senza, però, che le cessazioni compensino eventuali nuovi contratti a tempo indeterminato. E le stime di Veneto Lavoro parlano di quattromila nuovi «disoccupati» da decreto Dignità. La ricetta pentastellata, avallata dall’alleato di governo leghista, per contrastare la lotta al precariato potrebbe risultare un boomerang. La norma entra in vigore dal primo gennaio con valenza retroattiva, varrà, quindi, anche per i contratti già in essere. E le categorie economiche protestano.

La replica agli imprenditori

A difendere il decreto è il sottosegretario al Mef, Ministero dell’Economia e Finanze, il leghista Massimo Bitonci. «Capisco le critiche degli imprenditori ma, proprio perché ho avuto una mia attività, dico che dopo due anni di contratti a termine un datore di lavoro sa se è il caso o meno di stabilizzare un dipendente. Non dico che si mettano una mano sulla coscienza, espressione forse troppo forte, ma che si arrivi a una valutazione chiara delle situazioni lavorative. E ricordo che proprio nel decreto Dignità gli incentivi alle nuove assunzioni sono stati prorogati». Punta sui correttivi anche l’alleato di governo. Per il Movimento 5 Stelle parla Raphael Raduzzi, relatore di maggioranza alla commissione Bilancio della Camera che aggiunge: «Quando è stato approvato il decreto ci dicevano che i nuovi contratti sarebbero caduti in picchiata fin dall’approvazione del provvedimento, prima ancora entrasse in vigore ma non è andata così. E al Senato si sta pensando di aggiungere ulteriori sgravi alle nuove assunzioni a tempo indeterminato. Chi ha un posto di lavoro sicuro rimette in moto i consumi interni. Capisco le preoccupazioni delle imprese ma, stando ai primi dati, non credo esista un riscontro fattuale».

Il ribelle Covre

Tranchant, invece, Bepi Covre, padre nobile (dissidente) del Carroccio e imprenditore: «Sto con Confartigianato, con chi conosce le dinamiche di lavoro mentre lo sventurato che ha pensato questo decreto e quelli che in parlamento l’hanno votato non le conoscono affatto. Chi prevede il turnover dice una fesseria: è un costo per le aziende, non fosse che per la formazione. Non pretendo che capisca il ministro del Lavoro che se mai ha lavorato l’ha fatto in un’azienda che lo faceva in nero, ma come ex leghista mi arrabbio con i miei. Ai parlamentari leghisti dico: voi venite da zone in cui il lavoro è religione, se ci mettete i bastoni fra le ruote siete dei “disgraziati”, “coloro che portano disgrazie”. Il decreto Dignità è una vera porcata».

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