20 dicembre 2018 - 10:01

Vini, un Prosecco Doc da 2,4 miliardi. Zaia: i consorzi lavorino insieme

Ma il Docg: «Non confondiamo la pianura con le pendenze eroiche»

di Gianni Favero

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TREVISO «Il mercato deve essere aggredito in modo scientifico perché, nei confronti del nostro Prosecco, il mondo dei competitor sta diventando sempre più aggressivo, anche nella comunicazione. Qui abbiamo una Doc e due Docg, da soli non si fa più molta strada, spero si capisca l’importanza della collaborazione». La «strigliata» ai produttori di bollicine arriva netta da Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, ieri alla presentazione del bilancio 2018 del Consorzio di tutela della Doc. Una macchina da 466 milioni di bottiglie – ottenute da 3,6 milioni di ettolitri prodotti su 24.450 ettari - capace di far crescere i ricavi (+13,4%) più velocemente della produzione (+6%), e di esportarne il 75% soprattutto in Regno Unito, Usa, Germania e Francia per vendite al dettaglio per 2,369 miliardi, ma che continua a convivere con due talloni d’Achille. Il primo è non trovare una quadra condivisa con le due Docg (Conegliano-Valdobbiadene e Asolo) per parlare al mondo con un linguaggio comune. E possibilmente semplice, vista la difficoltà a comprendere in modo immediato, al di fuori di un gruppo ristretto di paesi europei, cosa ci sia in più in quella «g» che si aggiunge alla Doc.

I vigneti della Doc del Prosecco (archivio)
I vigneti della Doc del Prosecco (archivio)

Il tallone d’Achille

Il secondo, per ammissione stessa del presidente del Consorzio, Stefano Zanette, sta invece nella incapacità di «governare il valore». «Con i numeri che abbiamo – osserva - sarebbe di grande importanza chiudere accordi magari anche di filiera in modo di dare stabilità ai produttori e un futuro più solido alla denominazione». La formula suggerita da Zaia è ancora più chiara. «I cartelli non sono permessi però si può stabilire un prezzo di riferimento minimo. Così si dice al consumatore che soto quella soglia siamo nel dominio delle frodi alimentari. Ci sono prezzi non giustificabili in alcuna maniera. Se a praticarli sono produttori trevigiani – è l’esortazione - sarebbe una buona cosa cacciarli dai Consorzi». Fatti due conti, comunque, il sistema generale del Prosecco oggi ha una massa critica da primato (ai 466 milioni di bottiglie della Doc vanno aggiunti circa altri 90 milioni da Conegliano-Valdobbiadene e una quindicina di milioni da Asolo) . La Doc vedrà anche crescere ancora la superficie, visto il prossimo bando delle regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia per premiare le aziende più virtuose con l’idoneità per nuovi vigneti. Con tutto questo, i fastidi che l’accelerazione generale può recare ai concorrenti sui mercati mondiali possono dunque soltanto aumentare. Fra il riconoscerlo e concordare sinergie non occasionali fra i tre consorzi, argomento che ha sulle spalle anni di usurate discussioni, la distanza è però ancora grande. «Se la logica è quella di semplificare i messaggi e confondere le diversità per territorio, storia e cultura che ci sono fra i produttori della collina e quelli di pianura – replica Innocent e Nardi, presidente della Docg Conegliano-Valdobbiadene – il nostro Consorzio non ci sta e difenderà gli interessi della collina. Cioè di chi, con sapienza e sacrificio, si rompe la schiena nel coltivare la vite su pendenze eroiche». Perciò, finché si tratta di collaborare con uno stand unico al Vinitaly, come è avvenuto nell’ultima edizione, va bene. «Ma nel gruppo Volkswagen – è la metafora conclusiva di Nardi in chiave automotive – c’è la Porsche, c’è l’Audi e c’è la Skoda, e il consumatore lo capisce benissimo». A stemperare un po’ le asperità tenta Armando Serena, presidente del consorzio asolano. «La volontà di lavorare insieme è comune a tutti e tre e le piccole resistenze che ci sono riguardano soltanto la percezione dell’importanza di sottolineare le differenze fra le aree».

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