27 novembre 2018 - 08:31

Autonomia, tre Regioni contro il governo

La lettera di Zaia, Fontana e Bonaccini chiede al premier «tempi certi». Conte risponde subito, ma non fa promesse: «È all’attenzione dell’esecutivo, stiamo ancora approfondendo e valutando»

di Marco Bonet

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Fontana e Zaia
Fontana e Zaia

VENEZIA Lo stallo che si è venuto a creare a Roma sull’autonomia, nonostante l’impegno profuso dalla ministra per gli Affari regionali Erika Stefani, spinge i governatori di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna a prendere carta e penna per rivolgersi direttamente al premier Giuseppe Conte.

Il pressing

«Chiediamo tempi rapidi e certi per la redazione dei disegni di legge su cui sarà chiamato ad esprimersi il parlamento» scrivono Luca Zaia, Stefano Bonaccini e Attilio Fontana, dopo aver ricordato nella loro missiva l’iter in linea con la Costituzione ed i referendum celebrati in Veneto e in Lombardia, sottolineato come «il percorso intrapreso rappresenti un’opportunità importantissima non solo per i territori, ma per l’intero Paese», espresso giudizio positivo sul lavoro fin qui condotto da Stefani e ricordato che le intese vanno sottoscritte «in coerenza con il Programma di governo presentato alle Camere» dallo stesso Conte. L’ormai celebre «Contratto di governo». Una lettera che vuol essere un pungolo e suona, a contrario, come la conferma che l’orizzonte si sta facendo sempre più incerto.

Governo «distratto»

Il governo, d’altra parte, in questi giorni è in tutt’altre faccende affaccendato: c’è la manovra da approvare, il conflitto con l’Unione Europea da risolvere, il decreto Sicurezza da varare. Il premier ma soprattutto i suoi due vice, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, azionisti di maggioranza dell’Esecutivo, non sembrano avere l’autonomia in cima ai loro pensieri. Se n’era avuto il sentore la scorsa settimana, quando il ministro Stefani annunciò come un ultimatum a mezzo stampa l’approdo dell’intesa del Veneto sul tavolo del Consiglio dei ministri, avvertendo che avrebbe preteso dai colleghi a Cinque Stelle una presa di posizione chiara, e la riunione si risolse nell’ennesimo rinvio con i pentastellati (e i leghisti) silenti e Conte a prendere un generico impegno futuro: «Me ne occuperò».

Conte «tiepido»

Non va meglio ai governatori, a cui il premier replica nel giro di una manciata di minuti: «L’autonomia è un dossier all’attenzione del governo - ha detto Conte -. Ci siamo riservati di approfondire quanto prima questa cosa. Il governatore Fontana ci ha chiesto di portare la questione al vaglio del prossimo Consiglio dei ministri che è domani (oggi, ndr.). Non faremo in tempo a portarlo domani, ma sicuramente stiamo, con i vari ministri, nell’ambito delle rispettive competenze, valutando quelle che sono le varie materie perché occorre definire un perimetro tra competenze statali o regionali, che ci consenta poi, a tutto il sistema Italia, di poter far funzionare, di poter perseguire gli interventi che occorrono».

I dubbi

La direzione, dunque, è quella impressa fin qui dal Movimento Cinque Stelle, più che dalla Lega. Se quest’ultima si è infatti sempre detta pronta ad approvare tutto «qui e subito», senza nulla obiettare, il M5S ha invece invitato alla cautela, con argomentazioni non dissimili da quelle di Conte: molti ministeri hanno dubbi sulla nuova ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni («Il perimetro da definire» di cui parla Conte), chiedono più tempo per poter approfondire gli aspetti tecnici e sono forti i timori, di cui più volte si è fatto portavoce il sottosegretario agli Affari regionali Stefano Buffagni, che si finisca o per approvare un’intesa fatta di titoli dietro ai quali non c’è nulla o una riforma che si rivelerà, alla prova dei fatti, sconclusionata. Col rischio, grave, di sconquassare il sistema delle autonomie locali.

Lega irrequieta

La Lega, come si diceva, non la pensa affatto così, come ribadisce una volta di più Salvini: «Zaia e gli altri governatori hanno fatto benissimo a scrivere a Conte. Anch’io gli ho parlato, il mio impegno era di approvare l’intesa entro l’autunno e alla fine dell’autunno mancano tre settimane. Vuol dire che in queste tre settimane bisogna portar l’autonomia in Consiglio dei ministri, siamo assolutamente fiduciosi». La nuova deadline, dopo quella indicata da Zaia e Stefani nel 22 ottobre, anniversario del referendum, è insomma il 21 dicembre. Intanto i leghisti, ma non solo loro, vanno in pressing sui pentastellati: «Aspettiamo che facciano la loro parte - dice la capogruppo della Lista Zaia Silvia Rizzotto - Troverei poco opportuno e poco saggio che chi dalle piazze si sgola per la democrazia diretta volga poi le spalle alla volontà dei cittadini». E si aggiunge il senatore Antonio De Poli, Udc: «Basta coi giri di parole, Conte riferisca in Parlamento, quali sono tempi per firma intesa?». Mentre Roberto Caon, ex leghista rieletto alla Camera con Forza Italia, stiletta gli ex compagni di partito: «Si fa un gran parlare di autonomia, ma che fine hanno fatto i costi standard?».

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