23 febbraio 2019 - 08:13

Autonomia del Veneto, lo scontro sale: Stefani litiga con il suo vice e Salvini ora prende tempo

Giallo sul sottosegretario del M5s: «La bozza? Averla letta...». Intanto Rixi e Siri «salvano» la tratta veneta dell’Alta velocità

di Martina Zambon

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VENEZIA Che autonomia e Tav siano ormai moneta di scambio all’interno del governo legastellato è più di un sospetto ma nella ridda di quotidiane dichiarazioni, ambo parti, affiorano poche certezze. Fra queste, un deciso rallentamento sulla concessione dell’autonomia cucinata «alla veneta». Tanto che, dopo il «ci vorranno mesi» del premier Conte, lo stesso vice premier Matteo Salvini, angustiato dalla tenuta del consenso al Sud, ieri da Cagliari confermava: «Ci sono tante Regioni nuove che stanno chiedendo autonomia, fortunatamente anche al Sud. Se c’è bisogno di più regioni e di coinvolgere il Parlamento per fare le cose per bene, siamo pronti ad ascoltare tutti».

Il ministro Erika Stefani, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il vicepremier Matteo Salvini (archivio)
Il ministro Erika Stefani, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il vicepremier Matteo Salvini (archivio)

Rivolta del Sud

Siamo lontani anni luce dall’«autonomia o morte» di Zaia. Il vulnus sia per la Lega che per i 5S è proprio il Sud, serbatoio di voti irrinunciabile. A guidare la rivolta il governatore della Campania, Vincenzo De Luca. Dopo aver scritto una lettera ai cittadini del Nord con i suoi dubbi sull’autonomia, De Luca, dopo il ritrovamento di blatte all’interno dell’ospedale Vecchio Pellegrini di Napoli, sbotta: «Mi hanno detto che sono scarrafoni sudamericani, come fai a spiegare a Zaia, nel Veneto, queste cose? Dovrete farmi un monumento tra duecento anni...». E il mantello da eroico alter ego del fiero Zaia si addice al governatore della Campania che ieri se ne faceva vanto: «La battaglia della Campania ha contribuito in maniera decisiva a frenare l’autonomia». Se il concetto non fosse sufficientemente chiaro, De Luca specifica: «Voglio dire con grande chiarezza ai 5S che non si può prendere una barca di voti e poi tradire il Sud e alla Lega che non si può parlare male del Sud e pretenderne i voti». I sottotitoli sono superflui.

Il vice ribelle

A intensificare la gragnuola di dichiarazioni, ieri ci si è messo pure Stefano Buffagni, sottosegretario con delega agli Affari regionali e autonomie (M5S). Il vice del ministro Erika Stefani, a chi chiede di spiegare le distanze in materia di autonomia fra Lega e 5S, risponde con un sibillino «Se la leggessimo...». Pare di capire che il testo presentato da Stefani la scorsa settimana in consiglio dei ministri non fosse stato «concesso in visione» neppure ai sottosegretari. Da via della Stamperia filtra poco o nulla. Eppure comincia a delinearsi una controffensiva governativa per depotenziare lo scontro al fulmicotone fra Nord e Sud. Si tratterebbe della concessione di una serie di funzioni non solo alle tre Regioni in lizza per l’autonomia ma anche a tutte le altre. Immediata la replica di Stefani: «I testi ci sono, ciò che manca è un accordo su importati nodi specifici con i ministeri di Infrastrutture, Salute, Ambiente e Beni culturali. Tutti sono quindi a conoscenza sia dell’impianto che dei dettagli delle intese. Io non arretro e non mi arrendo». Nel pieno solco dell’ortodossia zaiana. In serata Buffagni punge ancora: «Qualcuno si è dimenticato di due nodi fondamentali, istruzione e risorse e sulla scuola non si scherza!Non mi piace che si giochi sulla pelle delle persone,per me le cose se si vogliono fare le si deve fare bene e in trasparenza, non a titoli». Fra il ministro e il suo vice, insomma, son scintille.

Pressing di Zaia

«Il regionalismo differenziato può essere una cosa interessante, ma non può essere fatta così, in fretta come si sta cercando di fare» ragionava ieri Sabino Cassese,presidente emerito della Corte Costituzionale. Parla di tre dossier che procedono a velocità diverse il ministro ai Beni culturali, Alberto Bonisoli. Saluta con favore il rallentamento il sindaco di Milano, Beppe Sala «altrimenti sarebbe un colpo di mano». Fa il pompiere l’altro governatore, il lombardo Attilio Fontana: «È chiaro che non sarà la settimana in più, il mese in più, a inficiare il processo». In linea con l’attendismo salviniano, in rotta di collisione con il pressing di Zaia. Pressing condiviso, per altro, con energia dal mondo imprenditoriale. Dopo una Confindustria veneta durissima, anche Confartigianato parla di «smacco» riferendosi al doppio «congelamento» di Tav e autonomia: «Il gioco al rinvio in attesa dell’ennesimo appuntamento elettorale - dice il presidente Agostino Bonomo - rischia di compromettere il sistema economico». Ieri da Verona dov’è in corso Transpotec, si sgolavano due sottosegretari del Carroccio: «Sulla Tav bisogna procedere con le opere cantierabili: la Brescia-Verona e la Verona-Vicenza» ha detto il viceministro alle Infrastrutture, Edoardo Rixi. Mentre Armando Siri, suo collega al Mit, si dice fiducioso in una «sintesi possibile». «Sconcertato» infine Paolo Uggé, vicepresidente di Confcommercio-Conftrasporto.

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