21 febbraio 2019 - 20:38

Avviso Pubblico, corsi di formazione antimafia per i sindaci

Il coordinatore Pierpaolo Romani: ««Questi mostri si combattono con la prevenzione, giù 600 amministratori locali hanno frequentato i nostri incontri»

di Antonio Scolamiero

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«La camorra? È un mostro, e purtroppo è duro a morire». Ne è certo Pierpaolo Romani, coordinatore di Avviso Pubblico, Enti locali e Regioni per la formazione civile contro le mafie e consulente a più riprese della commissione parlamentare antimafia. Non è stupito Romani di quello che sta venendo fuori dalla carte dell’inchiesta «At Last» della Dda veneziana sull’infiltrazione dei casalesi sul territorio regionale.

Pierpaolo Romani
Pierpaolo Romani

Romani, ma in Veneto esistono le mafie? «Si. E non lo scopriamo ora. Ricordo una relazione della commissione parlamentare antimafia del 1993. Il relatore era Carlo Smuraglia e s’intitolava “La presenza delle mafie nelle aree a non tradizionale presenza mafiosa”. Il senso di quel documento era che il Veneto non era da ritenersi un’isola felice».

Molto spesso, però, il fenomeno è stato sottovalutato e, soprattutto, interpretato come un fenomeno di criminalità comunale e non per quello che realmente è. «È accaduto molto spesso. Si pensava, sbagliando, che il fenomeno fosse legato principalmente alla presenza e all’implicazione di un meridionale. Di contro, però, c’è da sottolineare che l’inizio dell’inversione di questa tendenza è segnato dall’impostazione che venne data alle indagini sulla mafia del Brenta: Maniero e i suoi accoliti vennero accusati da magistrati veneti di associazione mafiosa e per quella vennero accusati, processati e condannati Ecco c’è stato un pezzo di magistratura che ha saputo leggere il metodo mafioso quando magari tanti altri lo interpretavano in altro modo».

Di fronte a che tipo di mafia ci troviamo? «Di certo non si presenta non con il volto violento a cui siamo abituati. Si presenta attraverso l’attività imprenditoriale. Ci troviamo di fronte a mafiosi in giacca e cravatta. Da tempo dico che per verificare la presenza del fenomeno sul nostro territorio bisogna andare a vedere la mappa dei beni confiscati, i dati della Banca d’Italia sulle operazioni sospette, i fallimenti e le interdittive. Negli ultimi due/tre anni, con l’arrivo di alcuni prefetti la tendenza si è invertita. Basti pensare al prefetto di Verona Mulas di Verona, con esperienze di capo della Mobile di Palermo: in tre anni ha emesso 17 interdittive antimafia nella provincia. Provvedimenti che sono lo specchio di una economia pesantemente intaccata. Per dirla con le parole di Isaia Sales, “le mafie sono contrarie alle leggi dello Stato, ma non a quelle del mercato”. Ecco quando i mafiosi arrivano con ingenti capitali, vuoi perché qualcuno ne ha bisogno, vuoi perché qualcuno dice che i soldi non puzzano. Ecco che in men che non si dica hanno gettato le basi per proliferare».

Si è sempre detto che una delle cause di penetrazione delle mafie in Veneto è stato il confino di pregiudicati e il soggiorno obbligato dei boss.
«Vero, ma in minima parte. Stiamo parlando delle seconde generazioni che sono presenti sul nostro territorio da 20/30 anni. Qualche anno fa venne fatta l’inchiesta Aspide su un gruppo di persone legate al clan dei casalesi. In quella occasione quando i magistrati domandarono ad alcuni affiliati il motivo del loro arrivo in Veneto. Loro risposero candidamente che in Veneto c’erano più disonesti che a casa loro. C’è tante gente che non vuol pagare le tasse e noi avevano tutto il necessario per rispondere a questo bisogno».

Tutto permesso, pur di fare profitto? «Sì, e il fine giustifica qualsiasi mezzo, pure una sorta di patto con il diavolo. Ma non se ne esce più, se non quando ti hanno spolpato. Ci sono imprenditori che avevano soldi e ai quali è stata paventata la possibilità di farne rapidamente tanti altri. Alla fine sono andati a vivere in roulotte o in case senza acqua e senza luce. Mentre loro, i mafiosi, dopo avergli mangiato tutto, hanno messo radici e prosperato nei loro affari».

Imprenditoria e appalti, altro core business delle cosche. «Il tema degli appalti, la gestione dei rifiuti e la gestione dei trasporti. Due anni fa a Verona sono andati a fuoco 21 camion, l’intera flotta di un’azienda in una notte. Non uno, ma tutti i camion. Quando chiesero all’imprenditore se avesse ricevuto minacce la risposta fu negativa. Una cosa inverosimile. E poi incendi di capannoni di aziende che trattano rifiuti. Infine, c’è l’attrazione per le zone turistiche: la zona di Eraclea, la zona del lago di Garda. Ecco che arrivano investimenti, ingenti, in ristoranti, attività ricettive, e costruzione di complessi edilizi».

Come si fa a combattere le mafie? «Con la prevenzione. È l’unico metodo possibile. Come Avviso Pubblico abbiamo cominciato a lavorare tantissimo sulla formazione degli amministratori locali, grazie anche alle legge regionale 48 del 2012. Abbiamo fatto formazione a più di 600 amministratori locali veneti spiegando cosa sono le mafie e come agiscono nel Centro Nord, abbiamo trasferito buone pratiche che puntano alla trasparenza dell’azione amministrativa. Abbiamo avvertito di stare sempre in guardia quando si fanno le campagne elettorali, di guardarsi da chi gli offre la possibilità di realizzare complessi, e di fare attenzione a chi arriva sul territorio per finanziare società sportive. Abbiamo detto che basta essere attenti a tutti questi alert per non cadere nel baratro chiamato mafia».

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