22 febbraio 2019 - 12:54

Camorra in Veneto, arrestato l’ultimo latitante

Eraclea, finita la fuga di Antonio Puoti che si era nascosto nel Casertano. Intanto la Corte dei Conti apre un fascicolo per valutare i danni dei pubblici ufficiali coinvolti

di Alberto Zorzi

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VENEZIA Non è finita, questo è certo. Gli arresti di martedì per camorra in Veneto Orientale, con epicentro a Eraclea, sono solo l’inizio. L’ordinanza di custodia cautelare del gip Marta Paccagnella, ottenuta su richiesta del pm Roberto Terzo, ha fatto un’istantanea su quasi vent’anni di dominio del clan di Luciano Donadio, ma gli ultimi episodi contestati nel capo d’imputazione risalgono al 2016. Non bisogna però pensare che negli ultimi tre anni non sia successo niente a Eraclea e dintorni: le intercettazioni sono proseguite fino a oggi (lo dice chiaramente il gip più volte nell’ordinanza) e il pm Terzo ha continuato a lavorare sulle informative che la Guardia di Finanza e la Squadra mobile di Venezia hanno mandato periodicamente. Nelle scorse settimane ha depositato al gip una memoria aggiornatissima, che sarà fondamentale nella probabile guerra che si disputerà a breve di fronte al tribunale del riesame. Lì infatti la maggior parte dei difensori contesterà l’attualità delle esigenze cautelari, come qualcuno ha già fatto. Da quel che si capisce, poi, quest’inchiesta ha assorbito e si intreccia con numerose altre indagini nella zona.

La sala slot di Eraclea (Errebi)
La sala slot di Eraclea (Errebi)

Rischiano pene altissime

Delle 50 persone arrestate, per 31 c’è l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso e per altre 5 quella di concorso esterno. Rischiano quindi pene altissime, ma per alcuni di loro c’è anche una questione di portafoglio. Dopo gli arresti anche la procura regionale della Corte dei Conti, guidata da Paolo Evangelista, ha deciso di aprire un fascicolo sulla vicenda, ovviamente prendendo di mira il ruolo dei pubblici ufficiali e degli amministratori coinvolti: in primis il sindaco di Eraclea Mirco Mestre, in carcere a Tolmezzo con l’accusa di voto di scambio politico-mafioso, il suo vice Graziano Teso, indagato a piede libero per concorso esterno in associazione mafiosa, così come il poliziotto sandonatese Moreno Pasqual, accusato di aver passato informazioni e aiuti alla banda in cambio di favori. La procura contabile dovrà valutare da un lato se l’ipotizzata infiltrazione mafiosa ai vertici del Comune di Eraclea abbia causato danni erariali nell’aggiudicazione degli appalti, dall’altro il danno d’immagine agli enti coinvolti. Una linea che il procuratore Evangelista già aveva applicato quando era a Milano e il procuratore aggiunto Ilda Boccassini aveva scoperchiato un’enorme associazione mafiosa infiltrata dappertutto.

Il latitante

È finito in manette anche l’ultimo dei 47 esponenti della banda per i quali il gip aveva ordinato il carcere. E’ così durata solamente due giorni la «fuga» di Antonio Puoti, 33enne nato ad Aversa ma residente a Eraclea, che aveva cercato di nascondersi nel Casertano. L’uomo, che è accusato di far parte del clan e di aver partecipato alle attività più «dure» (usura, rapina, bancarotta fraudolenta e spaccio), è stato preso dalla squadra mobile di Caserta e portato in carcere a Frosinone. Dopo i primi due interrogatori «lampo» di mercoledì – Emanuele Zamuner, braccio destro del sindaco Mestre difeso dall’avvocato Federica Bassetto, ed Ennio Cescon (avvocato Paolo Lazzaro), che ha partecipato a un’estorsione – ieri sono arrivati di fronte al gip altri arrestati, che si sono praticamente tutti avvalsi della facoltà di non rispondere. L’unico a parlare è stato Giuseppe Mirizzi, accusato con la moglie Elena Norha Valencia di essere il mandante di un’estorsione avvenuta nel febbraio 2016. «In quel periodo era in carcere - spiega il suo avvocato Giuseppe Muzzupappa - Era stato arrestato a novembre ed è andato ai domiciliari a maggio. Dunque ha negato ogni suo coinvolgimento». La moglie, che è agli arresti domiciliari, sarà invece sentita oggi, che è la giornata clou degli interrogatori: sono programmati, tra gli altri, quelli del boss Luciano Donadio e del figlio Adriano, difesi dall’avvocato Renato Alberini, e del loro braccio destro «locale» Christian Sgnaolin (avvocati Stefania Pattarello e Giorgio Pietramala). Sono invece rimasti zitti Antonio Pacifico (avvocato Mauro Serpico), Antonio Cugno (avvocati Alessandro Compagno e Patrizia Lionetti), Girolamo Arena e Costantino Positò (sempre avvocato Muzzupappa). Il sindaco Mestre, che si è affidato all’avvocato Emanuele Fragasso, sarà invece sentito lunedì nel carcere di Tolmezzo.

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