29 maggio 2018 - 09:10

Farah, i genitori si rivolgono ai legali: «Veniamo a Verona per difenderci»

La madre: qui con noi era felice. La polizia pachistana insiste: aborto non provato

di Laura Tedesco

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VERONA «Ma quale sequestro, quale aborto. Nostra figlia in Pakistan con noi era felice, altro che reclusa o segregata in casa. Costretta a interrompere la gravidanza? Non abbiamo mai neppure saputo che fosse incinta...». Non ci stanno i genitori di Farah. Contestano punto per punto la versione della ragazza di 19 anni che anche sabato mattina, a Palazzo Barbieri, prima di chiedere a tutti di «essere dimenticata» e di volere «solo fare una vita normale», ha ringraziato tutti per averla «liberata da un terribile incubo». Un «incubo», quello che la studentessa ha denunciato alle amiche via whatsapp, innescando la macchina dei soccorsi che la settimana scorsa l’ha fatta rientrare a Verona dove ha amici, fidanzato e maturità da conquistare, che tuttavia è la sua intera famiglia a contestare. Tanto che, in attesa che i genitori rientrino a breve in città da Lahore, il fratello di Farah e lo zio paterno si sono rivolti allo studio legale degli avvocati Simone Ghirotto e Stefano Ederle a nome del padre della ragazza. Soltanto quest’ultimo, una volta rientrato dal Pakistan, conferirà ufficialmente il mandato ai legali per difenderlo: per ora, comunque, fratello e zio della 19enne hanno preannunciato la «ferma intenzione da parte dei genitori di riabilitare la propria immagine e di contestare accuse e sospetti che, a loro dire, risultano del tutto infondati». A marzo 2019, in virtù di una precedente denuncia di Farah, il padre rischia il rinvio a giudizio per maltrattamenti e sequestro di persona, mentre sui fatti di Lahore la famiglia conta di difendersi a suon di video e foto. Immagini e sequenze che dimostrerebbero, a detta dei genitori, che «Farah in Pakistan stava bene, era libera e felice».

Farah Tanveer a Palazzo Barbieri
Farah Tanveer a Palazzo Barbieri

La polizia pachistana

Intanto la polizia del Punjab conferma di non aver trovato prove del fatto che la ragazza abbia effettivamente interrotto una gravidanza durante la sua permanenza a Lahore. Lo ha dichiarato nelle ultime ore un ufficiale di polizia alla Bbc in lingua urdu. Il commissario Qaisar Aziz, responsabile della stazione di Garhi Shahu, ha spiegato che «la ragazza stessa ha negato di essere stata costretta con la forza ad abortire, anche se i vicini hanno sostenuto che questo era accaduto. Comunque registrando la sua dichiarazione lei ha escluso di fronte a me di aver subito un aborto». Gli attivisti sociali pachistani sospettano però che questa versione possa in qualche modo essere stata imposta alla ragazza, rientrata in Italia grazie all’intervento della Farnesina, vista la prospettiva per suo padre di una pesante condanna carceraria. L’ufficiale ha poi detto che la giovane è stata per un tempo brevissimo con la polizia, negandosi anche ad esami clinici per chiarire l’accaduto. Sul suo corpo, ha osservato, «non vi erano segni di tortura, né lei ha denunciato una situazione simile». La madre di Farah, anch’essa intervistata dalla Bbc, ha assicurato «che lei non ci ha detto nulla circa una gravidanza o un aborto, e noi non sapevamo nulla di tutto questo». Quello che so, ha aggiunto, «è che aveva un’amicizia con un giovane cristiano in Italia. Noi non eravamo d’accordo perché lui non era musulmano e perché non aveva un buon carattere e poi perché era abituato a flirtare con altre ragazze». Noi, ha proseguito, «le abbiamo anche detto che se il suo partner si fosse convertito all’Islam avremmo dato il nostro accordo». Circa il viaggio in Pakistan, la madre ha assicurato che «lo ha fatto di sua volontà, passando tre mesi felici e partecipando con gioia al matrimonio del cugino con cui si è ritratta in video e fotografie».

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