8 marzo 2019 - 12:54

Verona, strada intitolata ad Almirante

Da sinistra bordate contro la mozione. Maschio (FdI) la difende: leader umile e onesto

di Lillo Aldegheri

shadow

VERONA Il consiglio comunale non ha fatto in tempo a discuterne, per il prolungarsi del dibattito su altri temi. Ma la proposta di intitolare una via di Verona a Giorgio Almirante, che arriverà in aula probabilmente giovedì prossimo, ha già cominciato a far discutere. E in maniera alquanto accesa. Il Pd è sceso in campo con tutto il suo stato maggiore, dal segretario Facincani all’intero gruppo consiliare (esclusa anche stavolta Carla Padovani, sempre più lontana dalle posizioni del suo partito). Ricordata la polemica tra Sboarina e l’Anpi («L’insistenza del primo cittadino contro questa associazione si configura sempre di più come un inutile e inopportuno accanimento frutto di pregiudizio») i dem si augurano che lo stesso Sboarina eserciti «la stessa solerzia sulla proposta di intitolare una via della città a Giorgio Almirante, figura politica assai controversa che storicamente ebbe un ruolo nella costruzione delle teorie razziste italiane durante il ventennio fascista». Per Michele Bertucco (Sinistra in Comune) «si conferma la deriva del sindaco Sboarina verso posizioni politiche estremiste dalle quali si vorrebbero dettare i toni e contenuti delle libere iniziative culturali in città. Si tratta di una china pericolosa – aggiunge Bertucco - che fa ovviamente il gioco delle ali estremiste dell’amministrazione ma che questo sindaco, troppo debole, con ogni evidenza non è in grado di gestire. Già Tosi, politicamente molto più forte, - aggiunge Bertucco - dovette fare marcia indietro sulla provocazione di nominare il camerata Miglioranzi all’Istituto per la Storia della Resistenza, ma temo che emergeranno pesi e misure diverse nel valutare la proposta di Ciro Maschio di intitolare una via a Giorgio Almirante, sostenitore della teoria del razzismo biologico. E da caporedattore della rivista La Difesa della Razza – prosegue - il 5 maggio 1942 Almirante scriveva che “al razzismo italiano serve l’attestato del sangue, il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti, se veramente vogliamo che in Italia ci sia, e sia viva in tutti, la coscienza della razza ed il razzismo nostro deve essere quello della carne e dei muscoli non di uno spirito vagolante, altrimenti finiremo per fare il gioco dei meticci e degli ebrei”».

Giorgio Almirante (archivio)
Giorgio Almirante (archivio)

Rifondazione Comunista

Dall’esterno del Palazzo, il leader di Rifondazione Comunista, Renato Peretti, diffonde il manifesto con cui, il 17 maggio 1944, proprio Almirante dava 7 giorni di tempo agli «sbandati od appartenenti a bande» per consegnarsi, avvertendo che tutti coloro che non si fossero presentati sarebbero stati “passati per le armi mediante fucilazione nella schiena».Ma Ciro Maschio (FdI), autore della proposta, non cede di un millimetro e — citando il testo della sua mozione — descrive Almirante come «uomo d’altri tempi, con il carisma unito all’umiltà, l’eleganza naturale, la galanteria unita al dono di una parola brillante, esempio di una generazione che ha dato dignità e valore alla vera politica, fatta di onestà, coerenza e rispetto dell’avversario e delle istituzioni, nel comune e superiore interesse della propria Patria».

© RIPRODUZIONE RISERVATA