30 agosto 2018 - 09:23

I profughi della Diciotti a Vicenza, il vescovo: «Apro la mia Diocesi»

di Giovanni Viafora

shadow

VICENZA Un gruppo di profughi della nave Diciotti, di quelli cioè presi in carico dalla Conferenza episcopale italiana (Cei), verrà ospitato in Veneto. E ad aprire loro le porte sarà il vescovo di Vicenza, Beniamino Pizziol. Non un caso, d’altra parte. Pizziol, nel 2015, cioè all’apice dell’emergenza sbarchi, fu il primo vescovo in Veneto che accolse dei migranti all’interno del proprio palazzo episcopale. E da ultimo — e questo non più tardi di una settimana fa — è stato anche l’unico vescovo che è intervenuto dal pulpito sulla vicenda dei 177 migranti bloccati a Catania a bordo del pattugliatore della Guardia costiera. «Che il Signore illumini il cuore e la mente dei responsabili delle istituzioni italiane ed europee, a tutti i livelli — aveva ammonito — perché abbiano a trovare, al più presto, una soluzione che rispetti i diritti fondamentali della persona, secondo giustizia e umanità». Cosa che poi, per altro, è avvenuta.

Monsignore, qual è la ragione della sua iniziativa?

«Non me la prendo con nessuno, ma la vicenda della Diciotti mi ha turbato. Come detto, l’avevo già espresso in occasione della celebrazione votiva del 25 agosto a Monte Berico, quando, durante l’omelia, avevo riferito della preoccupazione di tutta la comunità...».

Poi, come sappiamo, è intervenuta la Cei...

«Non credo che la mia omelia abbia avuto un qualche ruolo, ma sono stato contento dell’epilogo. È quello d’altronde che la Conferenza episcopale e la Chiesa in Italia hanno sempre fatto».

Quanti migranti ospiterete a Vicenza?

«Attraverso la Caritas ho dato la disponibilità per un gruppetto di quattro, cinque persone. Perché noi facciamo solamente accoglienza mirata, mettendo i profughi in un’abitazione con dei volontari che possano seguirli in tutto. Dalle necessità quotidiane, alla lingua».

Chi sosterrà economicamente l’accoglienza?

«In tutto e per tutto la Conferenza episcopale, come è stato detto».

In questo momento la Diocesi ospita anche altri migranti?

«Abbiamo già 17 appartamenti occupati, con quattro, massimo cinque migranti per ciascuno. Tutti gli ospiti hanno sempre accanto un gruppo di volontari, legati prevalentemente alle parrocchie o alla chiesa comunque. Ma si tratta di un’accoglienza mediata tramite le Prefetture. Quella della Diciotti, invece, sarà un’esperienza nuova».

In Veneto siete l’unica Diocesi che si è fatta avanti...

«Io non lo so cosa facciano le altre Diocesi, mi sono limitato a dire al direttore della mia Caritas di manifestare la disponibilità a Roma».

All’interno della sua comunità, invece, qual è lo spirito?

«Già il 18 febbraio 2015 avevo chiesto ai miei sacerdoti e alle mie comunità di aprire gli appartamenti. Di ventidue vicariati finora hanno risposto in 17. I preti li trovo generalmente disponibili. La strada dev’essere quella dei piccoli gruppi, non dell’accoglienza di massa con 20-40 persone. Quella non la condivido».

Il coordinatore triveneto delle Caritas, don Marino Callegari, l’altro giorno ha affermato però che nel nostro territorio c’è una parte di clero che invece sta con Salvini. È così?

«Questo non lo so. Ognuno ha le sue opinioni. Il problema è che oggi è molto faticoso, con l’opinione pubblica che c’è, accogliere questi giovani e queste donne. È impegnativo e secondo me è più questo il problema, piuttosto che essere d’accordo o no con Salvini. Penso a certi sacerdoti di 70 anni, per esempio. Anche se non è l’unica questione...».

Che altro c’è?

«C’è un tema legato alla percezione che abbiamo dell’immigrazione. Che non sarebbe controllata, regolata e pensata bene. E questo è qualcosa che crea problemi nelle comunità. Il Veneto è sempre solidale e accogliente, è che appunto la questione dell’immigrazione e dell’integrazione vengono trattate in modo da spaventare e creare allarmi. Ma se poi si andasse a vedere bene quanti sono stati davvero accolti e quella che è la realtà...».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA