25 aprile 2018 - 16:29

Obesità da operare, Sant’Orsola in prima linea

Da inizio marzo al policlinico è operativo il primo percorso per la gestione del paziente obeso candidabile alla chirurgia metabolica. Attualmente sono seguiti 120 pazienti, quasi tutti quarantenni

di Beppe Facchini

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BOLOGNA - Ricorrere alla chirurgia per risolvere i problemi legati all’obesità non è una questione solo di estetica. Anzi. «Il parametro usato principalmente è quello dell’indice di massa corporea, però talvolta possono entrare in sala operatoria anche persone discretamente obese, ma con importanti patologie sottostanti come il diabete di tipo due, oppure soggetti con evidenti problemi di deambulazione dovuti proprio al peso». Parola del professor Uberto Pagotto, direttore del reparto di Endocrinologia e diabetologia al Sant’ Orsola-Malpighi, dove da inizio marzo è operativo il primo Percorso diagnostico terapeutico assistenziale per la gestione del paziente obeso candidabile alla chirurgia metabolica in Emilia-Romagna.

«Finora solo il Veneto si è dotato di un unico Pdta a livello regionale», osserva il professor Gilberto Poggioli, responsabile di un percorso che coinvolge in un unico team multidisciplinare chirurghi, ma anche endocrinologi, diabetologi, anestesisti, cardiologi, pneumologi e psicologi. Come spiegano i due esperti, per guarire completamente dall’obesità non infatti è sufficiente il bisturi: a fare la differenza è soprattutto la motivazione del paziente. «Perdere peso è una battaglia difficilissima e contro natura — precisa Pagotto —. Le persone obese non sono pigre o nullafacenti, anzi: in gran parte dei casi si tratta di soggetti che le hanno provate tutte prima di ricorrere alla chirurgia metabolica».

Attualmente i pazienti seguiti col nuovo percorso sono circa 120, quasi tutti quarantenni, sia uomini che donne, e nell’85% dei casi i risultati post-operatori sono stati soddisfacenti. L’obiettivo è però arrivare a 250 interventi all’anno in modo da diventare un centro di riferimento a livello nazionale riconosciuto per legge. Ma raggiungere questo traguardo significherebbe anche evitare che tante persone obese finiscano nelle sale operatorie di altre regioni, come Veneto e Lombardia, che hanno compreso in anticipo l’importanza della chirurgia metabolica, a prescindere dall’aspetto fisico. «Queste migrazioni — sottolinea Poggioli — costano alla nostra comunità tra i 700 e gli 800mila di euro».

In cosa consiste esattamente il nuovo Pdta bolognese? Per prima cosa, i pazienti candidabili vengono sottoposti ad attente analisi e valutazioni sia mediche che psicologiche. Dagli esami sullo stato di salute del fegato ad eventuali apnee notturne, chiaro segnale di difficoltà respiratorie dovute al peso eccessivo. Dopo l’operazione, alla quale si arriva letteralmente tenuti per mano dal team di esperti, il paziente viene poi seguito anche per anni, al fine di evitare ricadute nonostante la drastica ed immediata riduzione del peso.

«Gli interventi sono principalmente di due tipi: riduzione dello stomaco e riduzione dello stomaco con l’aggiunta di un bypass, per casi un po’ più gravi — spiega Poggioli —. Il nostro percorso, plasmato su quello della Regione Veneto e sui migliori al mondo redatti finora, tiene comunque conto del tipo di intervento effettuato e viene plasticamente adattato al paziente che abbiamo di fronte». Ed è questo uno dei punti di forza del nuovo Pdta, all’interno del quale viene inoltre descritto come comportarsi in base a qualunque complicanza, riducendo così anche i tempi di degenza. «Il range d’età per i pazienti candidabili va dai 18 ai 65 anni, però talvolta ci possono essere delle eccezioni legate allo stato del paziente — aggiunge Pagotto —. Va ricordato che l’obesità non è più una questione solo di genetica, come si pensava 50 anni fa, ma può derivare anche da stress o da una erronea alimentazione. Per fortuna in Emilia-Romagna non siamo ancora ai livelli degli Stati Uniti o di alcune regioni del Sud Italia, dove il problema sta aumentando, ma sicuramente si può fare di più».

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