23 ottobre 2018 - 12:50

Predappio e Mussolini, il paese che sogna la normalità

Essere la cittadina natale del Duce è un’eredità pesante, con rievocazioni durante l’anno da parte dei nostalgici del fascismo. Fermare la rievocazione della Marcia su Roma il 28 ottobre e ideare un museo sembrano i primi passi per voltare pagina

di Gianluca Rotondi

shadow

BOLOGNA - I cartelli posizionati lungo la statale, tra filari d’alberi e vigneti a perdita d’occhio, provano a raccontare l’altra Predappio, la città del Sangiovese, di quello buono, robusto e sanguigno. Come la sua gente. Ma è solo un intermezzo. Poco più avanti altri manifesti pubblicizzano la visita a villa Mussolini, la residenza di famiglia. Per il visitatore poco accorto è un’impresa anche solo capire dove si trovi. Le scritte e gli scarabocchi con lo spray nero coprono interamente le indicazioni: «Carogne», è l’unica frase ben visibile tracciata sul tricolore. Gli adesivi di CasaPound, Forza Nuova e gruppi neofascisti assortiti si trovano un pò ovunque: sui pali, i guardrail e lungo le fermate dei bus. Dall’altra parte della strada la scritta scolorita sul muro di un vecchio casolare avverte: «Romagna antifascista».

Passato che non se ne va

Predappio resta la Betlemme del Duce, il luogo di pellegrinaggio per migliaia di nostalgici che si radunano a ogni ricorrenza. Molto qui trasuda Ventennio, non tanto e non solo per i tre negozi che espongono paccottiglia di regime su via Matteotti. Attorno alla piazza del paese, davanti alla imponente chiesa di Sant’Antonio che conserva sul frontone il fascio littorio, si apre la facciata squadrata di marmo bianco dell’ex casa del Fascio, un rudere che il sindaco Pd Giorgio Frassineti vorrebbe trasformare in un polo museale, un centro di documentazione sul fascismo, per invertire finalmente la rotta e virare da un turismo di propaganda a uno di conoscenza. In pochi metri si mischiano art déco, stile monumentale e architettura razionalista. Poco più avanti c’è la tomba del Duce che riaprirà proprio domenica dopo un lungo restauro.

Le voci nel paese

Tre volte l’anno (nascita, morte di Mussolini e anniversario della marcia su Roma) questa piazza proietta la placida Predappio al centro della scena. Quest’anno però è diverso. L’Anpi ha chiesto di vietare l’adunata delle camice nere e di poter celebrare la liberazione dai nazifascisti chiamando a raccolta chi non vuole più sfilate e saluti romani. I predappiesi assistono a questo braccio di ferro quasi indifferenti, di sicuro rassegnati: «Succede ogni anno, c’è un gran parlare poi tutto si dimentica. La sfilata è patetica, chi vive qui sta in casa o va in gita. I negozianti sono gli unici contenti», dice l’autista della navetta. Franco Monti, ex muratore in pensione, allarga le braccia: «Mussolini ha costruito Predappio, noi siamo questo. Non vedo perché vietare l’adunata, l’unica forma di turismo che porta soldi». Al bar all’angolo due pensionati rivendicano l’ammirazione per il Duce: «Noi ricordiamo e basta, gli altri provocano. Il 25 aprile ce ne stiamo a casa, dovrebbero farlo anche i partigiani. I nostalgici vengono tutto l’anno e nessuno dice niente, il 28 è il finimondo. Io sono mussoliniano anche se la carnevalata con gli stivaloni non piace nemmeno a me. Vietare però è sbagliato», dice Vittorio mentre discute con l’amico Romano. «Non proprio nomi a caso», sorridono.

Il progetto del museo

Forse ha ragione Frassineti, geologo al secondo e ultimo mandato, la gente di Predappio è stanca. Stanca di essere ricordata solo in queste occasioni, d’essere prigioniera del passato: «Si accendono i riflettori tre volte l’anno, poi veniamo dimenticati, come se fossimo contaminati, la Chernobyl della storia. Non posso vietare niente anche se queste adunate non mi piacciono. Il punto però è un altro: non riusciamo a fare i conti con il fascismo, mentre dovremmo uscire da una logica di rimozione e storicizzare quel periodo». Di qui l’idea di un museo concepito come un girone dantesco, per fare capire cosa è stato il fascismo e sottrarre Predappio al pellegrinaggio nostalgico. Un riscatto a colpi di cultura per «allontanare l’immagine devastante che danno quei negozi di cianfrusaglie». Per questo suo progetto ha ricevuto il premio di antifascista dell’anno da una fondazione austriaca che tutela la memoria dell’Olocausto e perfino un articolo sulla prima pagina del Washington Post. Ma anche tante critiche: «Mi danno del fascista o del comunista, ma la conoscenza è l’antidoto». È soprattutto l’intellighenzia di sinistra a storcere il naso.

Divisioni storiche

Ma Predappio, insiste il sindaco mentre accende l’ennesima sigaretta, è altro: «Non c’è un parcheggio a pagamento, i nostri 630 stranieri sono integrati, abbiamo case popolari vuote e il 25% del bilancio va al Welfare». Eppure da giorni si parla solo di divieti e contro manifestazioni. Il parroco, don Urbano, taglia corto: «Non penso niente, ho da fare». C’è poca voglia di parlare anche all’ex casa del popolo, tra la sede del Pd e la Cgil, naturalmente in via Gramsci: «Ne ho avuti fin troppi di problemi con i fascisti, se ne stiano a casa loro. Un museo? Meglio dimenticarli per sempre», si lascia andare un pensionato. Chi non molla la presa è la signora Augusta Cambi, 88 anni, la sentinella democratica di Predappio. Ogni anno quando sfilano i nostalgici s’affaccia al balcone che dà sulla piazza e dice la sua: «Grido loro di tornarsene a casa, non ne possiamo più di saluti romani e tutto il resto, bisogna vietarli. Io non dimentico».

© RIPRODUZIONE RISERVATA