27 settembre 2018 - 09:06

Vangelo Mogol. «Artisti, studiate»

Chiacchierata (al supermercato) con il grande paroliere che sabato sarà a Bologna pe Bma, Bologna Musica d’autore

di Paola Gabrielli

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«Scusi, può richiamarmi tra 10 minuti? Sto facendo la spesa e sono quasi alla cassa». Nessun problema. E nessuna sorpresa, se a dirlo fosse un nostro amico. Invece, immaginare Giulio Rapetti in arte Mogol uscire dal supermercato, magari con due borsoni in mano, fa sorridere. Di tenerezza. Di stupore. Poi pensi all’irripetibile sodalizio con quell’altro gran genio di Battisti – che lui chiama ancora Lucio, e vattelappesca ormai sui segreti e i meno segreti della loro separazione – e realizzi che in fondo canzoni così, giocate sulla quotidianità ma poi ti facevano volare alto, potevano benissimo essere nate in situazioni simili, apparentemente banali. Un po’ come, restando in tema supermercato, quel «Non vorrei aver sbagliato la mia spesa/o la mia sposa» di Con il nastro rosa il cui verso «Lo scopriremo solo vivendo» è entrato nel nostro immaginario. Sabato 29 (e non vi viene in mente quel «29 settembre» di cui è co-autore?) Mogol, neo-presidente Siae, sarà sabato a Bologna come presidente della giuria del Bma (Bologna Musica d’Autore, contest per giovani talenti ideato dalla Fonoprint, la cui finale, sabato alle 21, Teatro Europauditorium, è parte del ciclo Italy Sound Good) e alle 16,30 terrà una lezione dal titolo «Il cammino del pop. L’evoluzione e l’interpretazione dalla romanza a oggi» (Palazzo dei Congressi, piazza Costituzione).

Giulio Rapetti Mogol
Giulio Rapetti Mogol

Mogol, cominciamo dalla spesa. «Che devo dire?»

Lei, come noi comuni mortali? (Ride). «Questa è bella. Non ho mica le alette! Invece sa cosa mi aspetto da Bologna?»

Che fa, anticipa le domande? «Sì, ma mi preme. Vorrei che non ci fosse solo il pubblico, ma anche tanti artisti».

Dice che hanno molto da imparare? «Dico che devono anche ascoltare i dischi e poi vorrei vedere se certe canzoni non sono più attuali».

Ecco, da dove parte e dove arriva? «Comincio con O Sole mio cantata da Claudio Villa, arrivo ad Ed Sheeran. Bravissimo».

Cosa ci vuole, oggi, perché una canzone arrivi alla gente? «Una canzone, al di là delle capacità vocali o della potenza della voce, deve comunicare. Deve parlarci. Darci emozioni».

In Italia oggi chi lo fa? «Lo fanno Cristicchi, Arisa. Anche uno come Vasco Rossi mi dà emozioni. Mi piacciono tutti quelli che non cantano con la tecnica vocale in primo piano. E anche Giuseppe Anastasi, tra gli autori. Alcuni suoi brani, come Ricominciare, sono davvero belli».

Battisti in questo senso era maestro. «Ed è senza tempo. Sempre attuale. E se lo cercate su Spotify nemmeno c’è. È attuale ma molti giovani non lo sanno».

I giovani oggi ascoltano il rap e i suoi sottogeneri. «Musica di nicchia. Buona o meno buona, ma di nicchia».

Tornando a Battisti, non teme che rischi di essere prima o poi dimenticato? «Per questo ci vuole cultura. La musica popolare di grandi livelli rimane. Se facciamo sentire un buon brano a un bambino, ad esempio di Lucio, gli rimane in testa e nel cuore».

A vent’anni dalla scomparsa di Battisti, cosa manca di lui? «La sua naturalezza, l’immediatezza. Ma fortunatamente la sua voce è ancora tra noi».

Guarda mai i talent? «No. Pensi, non ascolto più nemmeno la radio».

Oltre alla cultura cosa manca? «Il cantare insieme. Quando tengo le mie lezioni, il pubblico spesso lo fa. Persino io sono diventato quasi intonato a forza di cantare. E dire che un tempo ero stonato».

Un altro Lucio, Dalla, diceva che la persona stonata non esiste. «Evidentemente non aveva torto».

Viene a Bologna Città Unesco della Musica: è d’accordo? «Sì, lo merita. È una delle città della musica. Come Genova e Napoli».

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