15 dicembre 2018 - 08:46

Autonomia, Bonaccini: «Certi ministri non aiutano»

I dubbi del governatore dell’Emilia Romagna. Ma la Stefani auspica: «Il provvedimento in Consiglio dei ministri entro Natale».

di Francesco Rosano

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Il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini e il ministro per gli Affari regionali Erika Stefani
Il presidente della Regione Emilia Romagna Stefano Bonaccini e il ministro per gli Affari regionali Erika Stefani

«Spero che l’autonomia arrivi in Consiglio dei ministri prima di Natale». A Bologna per un convegno sulle autonomie, il ministro per gli Affari regionali Erika Stefani non può dare certezze sulle tempistiche del regionalismo differenziato chiesto anche dall’Emilia-Romagna. Troppe le «grandissime resistenze di alcuni ministeri», come dice il presidente della Regione Stefano Bonaccini, che nell’aula absidale di Santa Lucia siede al fianco del ministro leghista. Nette, anche se sul tema Stefani si è trincerata dietro a un no comment, le divergenze di vedute all’interno della compagine di governo tra Lega e M5S. Tanto che a fine novembre lo stesso ministro aveva richiamato i pentastellati al «rispetto del contratto di governo».

Tema trasversale e tecnico

«Quello dell’autonomia è un tema trasversale e tecnico, su cui non dovrebbe intervenire alcuna forma di ideologia», esordisce dal palco Stefani, accolta in città con il massimo fair play. Dai padroni di casa dell’Università, ovviamente. Incluso l’ex rettore Fabio Roversi Monaco, le cui opere hanno ispirato questa giornata di studi sulle «autonomie nell’ordinamento giuridico». Ma anche dal presidente Bonaccini e dall’assessore regionale Emma Petitti, che non si risparmiano tra foto e abbracci con il ministro leghista. «A differenza di alcuni ministri che quando suono il campanello non aprono neanche la porta — sottolinea Bonaccini — con lei abbiamo costruito un rapporto di leale collaborazione. Per questo sono fiducioso che nelle prossime settimane si possa arrivare a un’intesa storica».

Traguardo ancora lontano

Nonostante la fiducia del presidente emiliano-romagnolo e la speranza del ministro veneto, però, la linea del traguardo per l’autonomia (che in Emilia-Romagna toccherebbe le gestione diretta di 15 materie, contro le 23 chieste da Veneto e Lombardia) resta avvolta dalla nebbia. Anche perché, come dice Stefani, «ci si trova ad avventurarsi su un terreno nuovo. Che nasce da un comma di un articolo della Costituzione estremamente scarno». Un comma che sì, permette alle Regioni di chiedere ulteriori spazi di autonomia, ma «non spiega qual è il percorso. Non c’è nessun regolamento — sottolinea il ministro — protocollo o esperienza anteriore a cui ci possiamo ispirare nella costruzione di questo percorso». Ma sopratutto, lamenta Stefani, «si è affrontato il tema con un approccio figlio della politica di questi tempi», una politica che «ha una velocità enorme, va di tre mesi in tre mesi». Mentre «arrivare a creare una legge richiede i suoi tempi», mette le mani avanti il ministro, che chiarisce anche che l’autonomia non arriverà nell’arco di una notte: «Non sarà una questione cristallizzata non basterà una legge sola, un’intesa sola, ci sarà un percorso». Chi si aspettava l’autonomia a ottobre, come il Veneto, si è già scontrato con la realtà. Chi, come l’Emilia-Romagna, aveva fissato l’asticella a fine anno, continua a sperare.

La richiesta di accelerazione

«Al governo chiedo di accelerare, perché siamo nelle condizioni di arrivare molto presto a quello che chiediamo», insiste Bonaccini, che registra «un rallentamento curioso. Non mi permetto di entrare nelle contraddizioni interne del governo, ma — sottolinea — non pregiudichino quello che crediamo di dover ottenere». Per Bonaccini però «non c’è bisogno di nuove Regioni a statuto speciale». Piuttosto, secondo il presidente della Conferenza delle Regioni, c’è la necessità di una ricognizione su quelle esistenti: «Il prossimo anno sarebbe il momento di andare a verificare qual è lo stato di salute di alcune Regioni a statuto speciale. Essendo anche quelle risorse pubbliche, voglio andare a vedere quali sono i criteri per comprendere se funziona davvero ovunque o non ci sarebbe bisogno di andare a qualche correttivo». Mentre il sindaco Virginio Merola avverte: giusta la battaglia per l’autonomia, ma attenzione «a non aggiungere a un neocentralismo statale anche un neoregionalismo accentratore».

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