7 giugno 2018 - 09:08

Pd, ipotesi Nazareno per Bonaccini

Il governatore tentato dalle sirene romane: ma se diventasse segretario, addio Regione. La sua corsa sarebbe appoggiata da due big: Franceschini e Delrio

di Olivio Romanini

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BOLOGNA - L’aria che tira in casa del Pd e del centrosinistra in vista delle Regionali dell’anno prossimo, le prime elezioni della storia veramente contendibili a queste latitudini, non è delle migliori. Ma c’è un elemento di cui si discute da settimane tra i dem in Emilia-Romagna e a Roma, che potrebbe rendere incandescente la situazione e che più o meno ruota attorno a una domanda: se il governatore Stefano Bonaccini diventasse davvero la soluzione per il futuro del Pd nazionale, che cosa facciamo in Regione? In quel caso naturalmente i Dem dovrebbero cercare un altro candidato, ma per ora basta e avanza prendere in considerazione l’ipotesi di Bonaccini segretario nazionale del Pd.

Porte girevoli

La politica, come la vita, è piena di porte girevoli. Bonaccini era stato scelto da Matteo Renzi come uomo chiave del partito quando lui era a Palazzo Chigi, ma l’allora segretario regionale del Pd per esigenze di partito aveva dovuto aprire un’altra porta che lo ha portato a candidarsi in Regione e a dire addio ai sogni romani. Ora la porta potrebbe aprirsi in direzione contraria. Ma devono infilarsi una serie di condizioni politiche. Intanto l’assemblea del Pd a luglio dovrebbe convocare un congresso tra l’autunno e la prossima primavera. La seconda condizione è che si brucino o si perdano per strada le candidature oggi in campo, a partire da quella del governatore del Lazio, Nicola Zingaretti. Per lui per ora ci sono soprattutto endorsement dall’area sinistra del Pd, uscita con le ossa rotte dall’ultimo congresso. Anche una candidatura strettamente renziana potrebbe essere impallinata e la stessa sorte potrebbe toccare a Maurizio Martina, che sta gestendo la fase di transizione. In uno stallo del genere, è il ragionamento che si fa a vari livelli nel Pd, una figura come quella di Bonaccini potrebbe essere quella giusta per uscire dall’impasse. È stato renziano, anche se da tempo ha marcato una certa distanza dall’ex Rottamatore. Ha mantenuto buoni rapporti con l’ala sinistra del partito, e soprattutto, con i transfughi di Leu con i quali governa ancora in Regione.

Il ruolo dell’Emilia

Bonaccini viene poi pur sempre dall’Emilia, terra che per capillarità organizzativa di circoli e militanti e per residuo di voti ha ancora qualcosa da offrire al Pd nazionale. Infine è al momento il più alto in grado del centrosinistra a livello nazionale, visto che è il presidente della Conferenza Stato-Regioni e rappresenta istituzionalmente tutte le Regioni nelle trattative con il nuovo governo Lega-M5S. Se si creassero le condizioni per la sua candidatura potrebbe contare sull’appoggio di due grandi elettori del Pd emiliano e nazionale: Graziano Delrio e Dario Franceschini, uno che fiuta l’aria e che di solito si schiera con la maggioranza.

La futura maggioranza

Proprio il tema della futura maggioranza è il punto chiave di questa vicenda: Bonaccini per storia personale non è un uomo da sfide da outsider, si muoverà solo se ci sarà un’ampia convergenza sul suo nome. In politica ha sempre applicato la massima dell’Arte della guerra di Sun Tzu («Nell’operazione militare vittoriosa prima ci si assicura la vittoria e poi si dà battaglia»). Nella sua rete di influenza c’è il sindaco di Pesaro Matteo Ricci, responsabile nazionale Enti locali del Pd, l’ex sindaco di Imola e oggi parlamentare Daniele Manca, il presidente dell’Anci Emilia-Romagna Michele De Pascale. Ha buoni rapporti con Giorgio Gori, Debora Serracchiani e li aveva di certo con Matteo Renzi. Proprio cosa pensa l’ex premier della sua possibile candidatura è uno dei punti in sospeso che possono portare al successo o al fallimento dell’operazione. Infine può contare su un uomo che conosce benissimo la macchina-partito come Andrea Rossi, responsabile organizzativo del Pd. L’unico vero problema di una candidatura come quella di Bonaccini può essere l’emergere di soluzioni di maggiore impatto (anche mediatico) come quella dell’ex ministro Carlo Calenda. Al governatore manca ancora la visibilità nazionale di altri leader. Ma visto il suo ruolo di presidente della Conferenza Stato-Regione questo gap potrebbe essere colmato nei prossimi mesi con un ritorno in tv da cui è un po’ lontano ultimamente. Per dirla sempre con Sun Tzu: «Combatti con metodi ortodossi, vinci con metodi straordinari». Quindi meglio tornare in tv.

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